Italia, paese senza futuro

Come quota di scienziati e ingegneri siamo sesti in Europa, dietro a Spagna e Polonia e tallonati dall'Olanda. E non c'è inversione di tendenza

Non abbiamo sfiorato l’assurdo: siamo andati oltre. Nell’ultimo anno e mezzo, trascinati dalla comunicazione salviniana, l’interesse nazionale si è concentrato sul tema dei migranti. Come se quello fosse il male che affligge l’Italia. Un argomento di distrazione di massa che ha fatto abbassare il livello di interesse sui dati economici. I nostri fondamentali non sono buoni. Non solo perché nel secondo semestre dell’anno il pil è andato a meno 0,1. Però ci è stato spiegato che la colpa non è dell’Italia. Il Belpaese sconta una congiuntura internazionale negativa.

Adesso però spuntano dei dati ancora molto più preoccupanti e che fanno pensare che se non ci sarà una repentina inversione di tendenza l’Italia sarà destinata ad essere un paese senza futuro.


Tra i grandi paesi dell’Unione Europea l’Italia è quello che ha meno scienziati e ingegneri, superata nettamente non solo da Regno Unito, Germania e Francia, ma anche da Stati più piccoli come Spagna e Polonia. Lo rivelano alcuni dati pubblicati da Eurostat relativi al 2018. Nell’Ue lo scorso anno il numero di scienziati e ingegneri tra i 25 e i 64 anni è aumentato del 4% rispetto al 2017. Il Regno Unito si piazza in testa con 3,3 milioni di scienziati, il 19% di tutta l’Ue. Seguono:  Germania 3,1 milioni (18%), Francia 1,7 milioni (10%), Spagna 1,4 milioni (8%) e Polonia 1,2 milioni (7%). L’Italia è sesta con 1 milione di scienziati e ingegneri pari al 6% di tutta l’Ue, ma è tallonata dall’Olanda con 831 mila (5%). Tra il 2017 e il 2018 in Italia il numero di scienziati e ingegneri è aumentato di 30 mila unità. Circa il tremore cento, meno, quindi, della media europea.

E, un territorio con un basso livello di conoscenza è perdente destinato a perdere quote di innovazione. L’high tech è fondamentale per garantire un futuro a un territorio. Sia esso un Comune, una Regione o uno Stato. Se non cresce allontana i nostri ambiti produttivi ai territori più avanzati e li avvicina a quelli ai quali non siamo in grado di fare concorrenza perché hanno un costo della manodopera decisamente più basso.

Il problema è che non se ne parla. A livello locale la madre di tutte le battaglie è stata piazza della Libertà. Inoltre dagli esponenti nazionali non ho mai sentito toccare l’argomento. In campagna elettorale più di una volta Jacopo Morrone, sottosegretario alla Giustizia, è venuto a Cesena, ma non ha mai fatto nessun accenno. Lo stesso Salvini non lo ha citato dal palco di piazza Almerici. Adesso dovrebbe essere uno dei temi dominanti nella fase in cui si sta cercando di trovare un’intesa per formare un nuovo governo. Invece il tema non è neppure sfiorato. A questo punto credo sia lecita una domanda: i nostri politici conoscono questi dati?

Se non li conoscono dovrebbero vergognarsi della loro ignoranza. Se li conoscono dovrebbero fare la stessa per non aver fatto, programmato o previsto niente per far segnare un’inversione di tendenza. Insomma, per manifesta incapacità.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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