Lettera di Paolo Lucchi: il Cesenate contribuirà a consolidare questa tendenza
Numeri buoni per l’economia emiliano romagnola. Quelli della nostra regione sono vicini a quelli della blasonata Baviera. Ne parla Paolo Lucchi, sindaco di Cesena, in una lettera che pubblico integralmente.
Nei giorni scorsi Massimo Marchesini, Presidente di Confindustria Emilia-Romagna, commentando i dati del rapporto sulla congiuntura 2016 realizzato da Confindustria ed Unioncamere, ha dichiarato: “Quello appena concluso è stato un anno positivo. I numeri della nostra Regione non permettono di parlare di ripresa ma, sommati tra loro, indicano una Regione che ha saputo reagire, imboccando il percorso giusto”.
A che dati fa riferimento Marchesini il quale, assieme a Confindustria, non può certo essere collocato tra gli ottimisti per mestiere?
Al + 1,4% del Pil della nostra Regione, non distante dal + 1,8% della Baviera. C’è quindi un pezzo d’Italia che si sta muovendo a “ritmi europei” (non solo la nostra Regione ma anche la Lombardia con un + 1,3% ed il Veneto, con un + 1,2%), anche se quasi nessuno pare ancora essersene accorto.
Eppure in Emilia-Romagna anche il mondo del lavoro conferma questa tendenza (con un aumento di 49.000 occupati che certamente ha garantito speranza a tante famiglie), così come l’export, che ha portato fuori Regione beni per 56 miliardi di euro, con una perfomance rassicurante per le imprese che hanno tra 10 e 49 addetti.
Si tratta quindi di una massa di dati positivi per la prima volta dopo anni, ma che certamente non possono farci gridare al miracolo.
Infatti, anche se non vanno sottovalutati – perché certamente sono frutto di un grande sforzo da parte delle nostre imprese, così come del coraggio e delle risorse messi in campo con il “Patto per il lavoro”, siglato il 20 luglio 2015 tra Regione, Associazioni e sindacati – rappresentano solo il primo segno di una ripresa auspicata da anni e che, sola, può invertire la tendenza dopo un decennio terribile, che ha “lasciato sul campo” un impoverimento generalizzato per molte fasce sociali.
Ma i segni positivi, così come quelli negativi, impongono a tutti di non limitarsi alle analisi teoriche, ma di garantire un contributo collettivo, da parte di ogni componente economica e sociale, se non altro perché l’Emilia-Romagna, che ormai a tutti gli effetti è identificabile come la locomotiva italiana, può sul serio ambire ad agganciare il treno delle regioni economicamente più significative d’Europa.
Una parte del nostro contributo territoriale, sarà reso evidente nel corso del prossimo Macfrut, che si terrà dal 10 al 12 maggio.
La nostra Fiera identitaria – di dimensioni ormai più che raddoppiate rispetto a tre anni fa e che oggi sarebbe persino impossibile collocare fisicamente in una struttura come quella di Pievesestina che, non a caso, l’attivismo del Presidente Renzo Piraccini ha ormai fatto virare verso altri obiettivi, condivisi con i privati che ne hanno recentemente acquistato il 60% – dimostra come sia possibile far crescere le imprese di un settore fondamentale come quello agricolo, con obiettivi ben più ambiziosi nel campo dell’innovazione produttiva, tecnologica, di servizi.
E conferma come da noi, in Romagna, sia in corso una sorta di mutazione genetica d’impresa che connette ormai stabilmente il settore agroindustriale con quello del benessere. Non a caso, imprese come Technogym, Orogel, Apofruit, Amadori, anche in questi anni di crisi hanno saputo prepotentemente innovare le proprie produzioni e, per questo, hanno notevolmente aumentato i propri risultati nell’export.
Non è quindi estemporaneo il dato numerico che vede l’Emilia-Romagna a ridosso della Baviera per crescita economica: lo si deve ad un sistema d’impresa che non si è arreso alla crisi e ad una Regione come l’Emilia-Romagna, che si è messa in discussione, attivando le sue energie migliori.
Ora serve non fermarsi e proseguire in questa stessa direzione. Con il suo Macfrut, il cesenate sta già facendo la propria parte.
Paolo Lucchi
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