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Le prediche sul merito

Da quale pulpito viene la predica? Sui giornali e in tv dilagano situazioni imbarazzanti. Si scopre che strenui sostenitori della Meritocrazia si sono costruiti carriere in modo opaco, in taluni casi clientelare. Il colmo sono quei personaggi che, sempre in nome del Merito, piazzano figli e parenti in posti ambiti e ben remunerati. Che solo in Italia i migliori e i più capaci siano quasi sempre i “figli di qualcuno” è una curiosa coincidenza.

Una impeccabile definizione di meritocrazia.

Ci sono gli editorialisti che propugnano la flessibilità assoluta nei contratti di lavoro e la libertà di licenziamento per i neo assunti: guarda caso si tratta di soggetti che godono di posizioni blindate, a tempo indeterminato, con generoso appannaggio di benefit. Fa poi una certa impressione leggere di imprenditori e associazioni datoriali che inneggiano alle liberalizzazioni e alla concorrenza, quando da anni, quotidianamente, si battono per conquistare posizioni di monopolio o quantomeno di oligopolio, disposti a tutto pur di preservarsi dai concorrenti. In questa sorta di gara a chi cerca di imporre ad altri ciò che non vorrebbe mai per sé, si distinguono i politici, per cui la coerenza è sovente un fastidio da rimuovere.

È il caso dei cantori della tolleranza zero, lesti a stringere accordi elettorali con chi propone condoni tombali e strizza l’occhiolino agli evasori fiscali. Non vanno dimenticati quelli che sono favorevoli al limite dei mandati, però pretendono che per loro si faccia un’eccezione, senza contare i parlamentari che si proclamano pacifisti e poi votano a favore dell’acquisto dei costosissimi caccia militari.
Si avverte un gran bisogno di donne e uomini che abbiano un vissuto personale e professionale che gli conferisca un minimo di credibilità. Non se ne vedono molti, in giro.

 Fabio Gavelli

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