La campagna elettorale è stata lunga, ma soprattutto stancante. La sorpresa uscita dalle urne, ormai lo abbiamo capito, sono stati i grillini, che si sono imposti come terza forza alle camere, e come primo partito d’Italia.
La forza dirompente con cui questi “comuni cittadini” sono comparsi sulla scena politica, diciamolo, ci ha spiazzato. I proclami “Tutti a casa”, “Apriremo il Parlamento come una scatola di tonno”, “Arrendetevi” hanno iniziato trasmettere un senso di paura mista a curiosità, che ci ha fatto crede che qualcosa stesse per cambiare sul serio. A partire dalla forma, con uno svecchiamento della classe dirigente e un avvicinamento della politica ai cittadini.
Cosa è successo nelle quattro settimane dal voto? Nulla. Più o meno. Quello a cui stiamo assistendo è l’infrangersi dell’ingenuo idealismo di molti grillini contro la dura realtà parlamentare.
Le assemblee a porte chiuse, i duri faccia a faccia con i giornalisti, invocando sempre la congiura, il travisamento, la manipolazione – ma non l’avevamo già sentito? – le votazioni disgiunte, le comparsate in televisione: c’è tutto (o quasi) il repertorio del politico di professione.
La polemica sull’abbigliamento adeguato per entrare in Parlamento perde di significato quando poi vedi lo schieramento dei grillini sfoggiare giacca e cravatta (anche se colorata). Non serve a nulla prendere posto in “piccionaia” se poi ci si scanna sul voto da esprimere.
È un po’ il ribaltamento degli intenti pre-elettorali. E gli effetti si ripercuotono anche sul modo di comunicare. Il piglio dissacrante con cui i grillini si scagliavano contro tutto e tutti si sta perdendo tra le varie interviste, la trasparenza tanto decantata è negata nelle riunioni di partito (salvo poi tornare ad invocarla in seguito ad una votazione non soddisfacente) e la rete sembra vivere un momento di appannamento.
Nel frattempo in Vaticano…veniva eletto papa Francesco I. L’eccezionalità dell’evento è chiara a tutti (per la prima volta l’ex papa è ancora vivo) e la figura del nuovo pontefice ha dato una bella scossa (positiva) a tutto il mondo, cattolico o no, credente o no. Perché Jorge Mario Bergoglio è prima di tutto un personaggio pubblico e la sua efficacia è straordinaria.
I media sono impazziti per il suo modo di fare, per la sua gentilezza e per il modo diretto e asciutto con cui si rivolge al suo pubblico. “Semplicità” è la prima parola che viene in mente, quando si parla del nuovo pontefice. Le tradizioni degli ultimi anni, come la papa mobile, sono messe in discussione, le scarpe rosse di Prada non hanno ancora fatto la loro comparsa e non ci è voluto molto perché arrivasse anche il primo tweet: “Cari amici vi ringrazio di cuore e vi chiedo di continuare a pregare per me”.
In meno di una settimana l’immagine della Chiesa è cambiata, rigenerata, grazie a una perfetta brand strategy. Ha accorciato la distanza che la separava dai fedeli e si è scrollata di dosso tutte quelle questioni che da tempo la appesantivano, pur avendo ben poco a che fare con la religione. Un ideale colpo di spugna.
Vi ricorda niente?
Forse (e lo dico sperando di non offendere nessuno) Juan Mario Bergoglio, aka Francesco I, è il prototipo del grillino ideale.
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