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Una mostra archeologica a Palazzo del Monte scopre il tardo medioevo forlivese

Lo scorso venerdì nell’attuale sede della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì è stata inaugurata la mostra ‘Il Monte prima del Monte’. Si tratta di un sito archeologico a vista, che i cittadini potranno visitare dal lunedì a venerdì su appuntamento.
Gli scavi hanno portato allo scoperto circa 800 mq suddivisi in tre stanze; nella prima, il visitatore può osservare due mura medievali, a minima distanza tra loro, che probabilmente andavano a costituire le fondamenta dell’edificio, nella seconda ci sono poi sia i resti di una torre, tipica costruzione del periodo, sia alcuni vani sotterranei che fungevano da vasche di scarico. Infine, nella terza stanza, ci troviamo di fronte alla ghiacciaia di una beccheria, la macelleria dell’epoca.

Palazzo del Monte di Pietà, Corso Garibaldi 45

Il visitatore entra in un luogo prezioso dal grande valore antropologico, dove archeologia e storia concorrono a informare il cittadino sul suo passato, a volte lasciato in penombra, come qualcosa che non valga la pena indagare o su cui spendere tempo e denaro.
L’edificio, costruito intorno al 1430, sarebbe stata dimora della famiglia degli Orsi; i nobili possedevano già varie botteghe e una serie di case in via Garibaldi. La famiglia decise di accorpare i suoi possedimenti, tra cui i terreni e negozi su tutta la Strada Magna, attraverso un principio simile a quello che guidava l’insula romana; il Palazzo del Monte sarebbe quindi l’attuale rappresentazione di questa grandiosa procedura di unificazione architettonica.I resti ora visibili sono naturalmente solo una parte della costruzione originale.
Ma sugli Orsi calò il silenzio per lungo tempo; ritenuti responsabili dell’assassinio del marito di Caterina Sforza, Girolamo Riario, subirono terribili punizioni. Le loro case furono date a fuoco, per non parlare dell’oblio pubblico, vera e propria damnatio memoriae, che li colpì e cancellò per un periodo dalla storia. Tutto ciò è stato definito con la pungente, romantica e bellicosa espressione di ‘furore del 1488’.
I lavori a Palazzo del Monte si sono avvalsi delle nuove tecnologie archeologiche; si è utilizzato il metodo stratigrafico, più preciso rispetto al precedente, analitico e funzionale alla schedatura e pedissequa catalogazione dei reperti ‘di strato in strato’ trovati.

Particolare seconda stanza

Il visitatore scopre che a ogni epoca corrisponde un linguaggio, a ogni società diversi usi e costumi.
‘Il Monte prima del Monte’ è un appassionante percorso che descrive con cura una specificità temporale e territoriale: per esempio, il pubblico non addetto ai lavori scopre che la moneta del tempo era il bolognino o che la macelleria si chiamava beccheria. Inoltre appare chiaro come l’organizzazione strutturale di un edificio potesse anche essere molto complessa, con l’introduzione di vani e spazi che oggi invece non abbiamo più nelle nostre case. Come coniugare abbellimento e funzionalità: l’architettura tardo-medioevale ci dà esempi di entrambi, attraverso la costruzione di torri che, da un’azione di difesa, passano poi a essere piccionaie, quindi dalla finalità principalmente estetica. Questo elemento architettonico cade in disuso con il rinascimento; come in una feroce guerra di potere, le famiglie più in vista della città facevano a gara a chi avesse la torre più alta e va da sé che fare crollare quella del nemico equivalesse a una vittoria.
Curiose sono le caditoie, che, in quanto aperture a livello del pavimento, erano strumenti di collezione di rifiuti. Le vasche di scarico si scoprono vere e proprie risorse antropologiche, dal momento che la loro funzione era raccogliere non solo resti alimentari, ma anche oggetti d’arredamento e vestiti di cui ci si voleva liberare. Nell’ultima sala della mostra è presente anche una vetrina, dove il visitatore, tra i vari oggetti, può osservare resti di ceramiche rinascimentali, pettini per capelli e minuscoli dadi da gioco; gli scavi hanno portato alla luce una grande quantità di monete che però non fanno parte del percorso museale. Si è infatti pensato che il clima umido dei sotterranei non fosse l’ideale per la conservazione di metalli.

Disegno dell’epoca: gli orinali usati dai medici per l’osservazione delle urine

Gli scavi sono avvenuti sotto la direzione scientifica di Chiara Guarnieri e quella sul campo di Fabiana di Giulio; ma tutto il team di lavoro sarebbe degno di menzione perché, con un ammirabile impegno collettivo, ha restituito una nuova e vecchia Forlì ai suoi cittadini.
Questi i nomi: Carolina Ascari Raccagni, Enrico Casali, Matteo Costa, Nicola Fadini, Cecilia Milantoni, Michelangelo Monti, Cristina Pambianchi, Rosandra Rivalta, Valentina Secci, Fabiano Sportelli, Luca Tagliani, Serena Tarlazzi, lorenzo Urbini.
I risultati dello scavo sono testimoniati in dettaglio dal volume ‘Il Monte Prima del Monte. Archeologia e Storia di un quartiere medievale a Forlì’, edizioni Ante Quem, 2009.

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