Anche se l’inaugurazione è avvenuta il 22 dicembre scorso, l’evento che proponiamo questo mese è l’apertura al pubblico di Palazzo Romagnoli e delle collezioni artistiche che vi sono state esposte.
Palazzo Romagnoli sorge nella parte più antica della città di Forlì, di cui conserva ancora memoria, sia nel sottosuolo del giardino sia nelle strutture. I ritrovamenti avvenuti durante i recenti restauri, tra cui due tombe visibili nelle cantine e altre strutture tombali “alla cappuccina”, testimoniano la presenza di un sepolcreto di epoca tardo romana, datato dagli esperti al III – IV secolo dopo Cristo. Pertanto il palazzo ha radici antiche oltre 1600 anni.
Nel 1805, durante l’occupazione francese di Forlì, vi si insediò Lorenzo Romagnoli, il prefetto di Napoleone. Nel 1965 il Comune di Forlì lo acquistò dalla famiglia Reggiani Romagnoli e successivamente lo concesse al Ministero della Difesa per essere utilizzato come sede del Consiglio di Leva Unificato per la Romagna e parte delle Marche, diventando il luogo dove i giovani in età di leva si recavano per le visite mediche (i cosiddetti “tre giorni).
Nel 1997 l’edificio fu riconsegnato al Comune che l’ha sottoposto a un completo restauro.
Palazzo Romagnoli presenta un’imponente e semplice facciata in mattoni sagomati, contraddistinta da un muro a scarpa delimitato da un cordolo in pietra marcadavanzale delle finestre del piano terra, da due ingressi con portali in pietra e da un ampio cornicione stondato intonacato.
In contrasto con il prospetto disadorno, gli ambienti interni presentano pregevoli e inaspettate decorazioni. Spiccano in particolare due luoghi: la sala Giove e Venere con pareti decorate da finte architetture con putti danzanti di ottima fattura e un’altra sala dov’è presente la decorazione dell’Aurora, copia del dettaglio centrale dell’affresco dell’Aurora di Guido Reni del Casino dell’Aurora Pallavicini di Roma.
Al piano terra di Palazzo Romagnoli sono state esposte le settanta opere della collezione donata da Giuseppe Verzocchi al Comune di Forlì nel 1961 (quando era sindaco della città Icilio Missiroli). La collezione, considerata tra i più importanti nuclei figurativi del Novecento italiano, fu ideata da Verzocchi negli anni dell’immediato dopoguerra, quando l’imprenditore edile di origini forlivesi commissionò agli artisti più celebri dell’epoca opere pittoriche espressamente dedicate al tema del lavoro, con i soli vincoli delle dimensioni e della presenza di un mattoncino dipinto, recante la sigla ”V&D”sigla dei soci dell’azienda, Giuseppe Verzocchi e Ottavio Vittorio De Romano. Nella collezione Verzocchi trovano così posto opere degli allora giovani Moreni, Morlotti, Afro, Santomaso, Birolli, Capogrossi, Turcato, Vedova per citarne solo alcuni, ma anche dei già affermati Carrà, Casorati, de Chirico, Depero, Sironi, Rosai, Soffici e de Pisis.
In una stanza del piano superiore hanno trovato collocazione tre dipinti con fiori e sei acqueforti eseguiti da Giorgio Morandi donate a Forlì da Ada e Arturo Righini mentre in un’altra sala ospita il “corpus” delle opere di Adolfo Wildt donate dal marchese Raniero Paulucci di Calboli.
Nei restanti locali è stato dato spazio a un itinerario “a temi” nella vicenda figurativa romagnola del secolo scorso: si va dall’eclettica produzione plastica del primo ‘900 alle esperienze del Cenacolo Forlivese tra tradizione e modernità, dalle “mostre sindacali” fra le due guerre fino alle ultime edizioni delle “Biennali Romagnole” e del celebre “Premio Campigna” negli anni ’70.
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