In questi giorni spopola sui social un nuovo gioco (leggi sfida), che coinvolge giovani e giovanissimi: la “Birra alla goccia”, al quale si partecipa su “nomination”.
Funziona così: ti nomino e tu devi berti una birra da 66cl tutta d’un fiato, e nel mentre ti registri in un bel video che condividerai in rete a testimonianza del tuo atto di coraggio e dal quale lancerai le tue nomination! Pena (quella ufficiale almeno): se ti rifiuti o non riesci, paghi da bere.
In realtà, se non accetti la sfida, il gruppo potrebbe deriderti (è quasi certo che lo farà, con o senza cattiveria, ma lo farà) e rischi di passare per uno sfigato! Astenersi, è una decisione difficile da prendere, quando tutti (o quasi) lo fanno: ragazzi e ragazze, di qualunque età e stazza (!). Quando mostrarsi “diversi”, può significare essere tagliati fuori da qualunque attività sociale, essere esclusi da qualche bella serata tra amici: “lui non lo invitiamo, è uno sfigato!”
Figlioccio e, almeno sulla carta, meno pericoloso, del più noto Nek-nomination (sfida a base di superalcolici, in dosi così massicce e successione da portare al coma etilico anche un bisonte, e che ha già mietuto delle vittime), non è certo meno insidioso: di sicuro non è salutare ingurgitare quella quantità di birra in così pochi secondi e nessuno è in grado di garantirne il limite! Domani, per esempio, io potrei partecipare bevendo non più “solo” quella birra, ma chessò, due bei litri di succo di frutta! Ma chi vi dice che invece non aggiungerò mezza bottiglia di vodka? chi pone il limite alla mia fantasia? quanto influenzerà il prossimo che andrò a sfidare?
Poi passa l’idea che sì, tanto siamo fra amici, si ride e si scherza, siamo ragazzi, è solo uno stupido boccale di birra… alla peggio, a filmino concluso, te la vomiti! In fondo è solo un gioco…
Stabilito che gioco è bello (e se non vi dispiace vale anche per noi adulti, che dai colorati “Shanghai” da tavolo, piuttosto che un bel “Ruba bandiera” nel cortile di casa secoli fa, siamo passati senza batter ciglio a roba come Candy Crush elevato alla terza), aggiungerei che per i giovani divertirsi è un diritto e persino un dovere. Ma questo pseudo-giochino ricorda tanto il fenomeno del nonnismo. Wikipedia recita: “Nonnismo: insieme di prove dolorose o di pratiche ritualizzate, destinate a simboleggiare l’integrazione di un individuo in un particolare gruppo sociale: studenti, militari, professionisti, ecc.”.
Il fatto che la sfida si propaghi (esponenzialmente va detto) attraverso i video condivisi in rete, dove ognuno in effetti sta a casa propria e non prende per il collo nessuno, obbligandolo sotto tortura a mandar giù un enorme boccale di birra, non confonda le idee: consapevoli o meno, sempre di nonnismo si tratta! Anzi, direi precisamente cybernonnismo.
Se alla fine qualcuno si aspettasse da queste righe che io abbia anche una soluzione per uscirne, no, non ce l’ho. Ma se dovessi parlarne a un figlio, oltre a dirgli la solita musica che l’alcool fa male e che è stupido e molto pericoloso berne tanto e di seguito, aggiungerei che non si assume mai e poi mai a stomaco vuoto, che per me lui è la cosa più importante al mondo e dovrebbe esserlo anche per sé stesso, che qualunque video metta in rete è meglio che ne sia orgoglioso perché rimarrà ai posteri (ma anche ai viventi) in una rete che spesso sbrana chiunque si azzardi a fare un passo falso, che gli amici veri non ti lasceranno mai solo, che la capacità di discernimento serve proprio a distinguere il bene dal male e mai fermarsi all’apparenza, e che se vi intravede anche solo per un attimo una costrizione, perché propagarlo come fanno le montagne con l’eco?
I giovani hanno facoltà incredibili, un potenziale che noi adulti, se lo avevamo, lo abbiamo esaurito, ed è surreale come oggi l’alcool sia il leit motif del divertimento giovanile, e proprio perché credo nelle loro grandi capacità, penso anche che non sia solo colpa loro. Ferme restando le responsabilità di società e famiglia, non tirerò in ballo il Diavolo, ma qualche mente perversa molto simile che ambisce al potere, di sicuro esiste, e se la forza dei giovani è il suo primo ostacolo, la loro vulnerabilità a sempre nuove sfide, è il primo varco.
Scomoderei invece Dio, perché una bella preghiera ora non ci sta affatto male.
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