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LA RICORRENZA DI AGOSTO di Marco Viroli e Gabriele Zelli

18-25 agosto 1944
70 anni fa la settimana più terribile della storia recente di Forlì

All’alba del 18 agosto 1944, in località Ca’ Cornio, frazione di Tredozio, la casa in cui Iris Versari e Silvio Corbari si erano rifugiati assieme ad Arturo Spazzoli e Adriano Casadei, fu accerchiata dalle truppe nazifasciste, informate da un delatore. Iris Versari, immobilizzata a causa di una precedente ferita alla gamba, riuscì a uccidere il primo nazifascista che varcò la porta. Ma durante la strenua difesa, vista l’impossibilità di muoversi, per non rendersi ostacolo alla fuga dei compagni, la Versari si tolse la vita. Nonostante questo sacrificio, Corbari, Spazzoli e Casadei vennero catturati e portati a Castrocaro. Arturo Spazzoli venne ucciso durante il trasferimento, nella strada del Monte Trebbio, perché i nazifascisti non sopportavano i suoi lamenti, dovuti alle numerose ferite subite durante il tentativo di fuga da Ca’ Cornio.
Corbari e Casadei, ancora vivi, furono impiccati a Castrocaro. Pino Cacucci, nel suo libro “Ribelli”, racconta che la corda usata per uccidere Casadei era stata tirata troppo e per questo si spezzò. Casadei allora la raccolse e, riannodandosela da solo al collo, pronunciò in dialetto la frase: “Siete marci anche nella corda!”.

I corpi senza vita dei quattro partigiani furono poi trasportati in piazza Saffi a Forlì, dove furono appesi come monito per la popolazione.
Lo stesso giorno Antonio Spazzoli, detto Tonino, fu prelevato dal carcere e portato ai piedi del lampione dal quale penzolava il corpo del fratello Arturo. Dopo aver subito atroci torture, Antonio Spazzoli fu trucidato dagli squadristi nei pressi di Coccolia, il 19 agosto 1944.
Dopo la guerra, tutti e cinque i partigiani uccisi vennero insigniti della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria.

Ancora oggi, molti tra i Forlivesi non più giovani ricordano i tragici fatti del 18 agosto 1944 e dei giorni seguenti, tra tutti in particolare il terribile “bombardamento della piazza”. Forlì aveva già subito, il 19 maggio, un pesante attacco aereo alleato che aveva avuto come obiettivo la nuova stazione ferroviaria e la vasta zona industriale che sorgeva nelle sue adiacenze.
Venerdì 25 agosto era giorno di mercato e la piazza brulicava di gente, in particolare di contadini e di mediatori che, come di consueto, gestivano in piazza i propri affari.
Alle 9 e un quarto del mattino, una formazione di ventitré bombardieri alleati sganciò il suo micidiale carico esplosivo in pieno centro, causando, specie sul sagrato di San Mercuriale, un gran numero di vittime. Alla fine di quella drammatica mattinata si contarono 75 civili e 9 militari morti (di cui 3 tedeschi), oltre ad alcune centinaia di feriti.
Sono in molti oggi a ritenere che quell’anomala e disastrosa incursione sul centro storico della città venne decisa dagli Alleati come atto di ritorsione per la mancata risposta popolare della settimana precedente all’uccisione dei partigiani della Banda Corbari.
Don Pippo, alias Giuseppe Prati, che era divenuto parroco di San Mercuriale il 19 marzo 1944, fu sempre presente tra la sua gente aiutando, incoraggiando e dando speranza. Dopo il bombardamento del 25 agosto 1944 fu tra i primi a soccorrere i feriti e passò lunghe ore a compiere il pietoso rituale della raccolta dei brandelli di carne umana che depose poi in una cassettina e portò al cimitero.
Il bombardamento della piazza provocò gravissimi danni a numerosi edifici, in particolare all’Abbazia di San Mercuriale, al Palazzo delle Poste, al Palazzo degli Uffici Statali (che perse la torretta sovrastante mai più ricostruita.
Il Palazzo della Provincia, allora in via delle Torri, venne anch’esso seriamente danneggiato e l’affresco che rappresentava la Difesa di Rimini contro l’assedio dei Goti, opera di Pompeo Randi, fu completamente distrutto come pure i decori del soffitto, anch’essi opera di Randi, raffiguranti l’Allegoria della Fama.
Lo stesso monumento di Aurelio Saffi venne disintegrato da una bomba a scoppio ritardato che esplose nel pomeriggio. La piazza restò spoglia al centro e così rimase per tutto il lungo periodo della ricostruzione, fino al settembre del 1961 quando una copia esatta della statua del triumviro forlivese venne scoperta.
A conclusione di quel terribile mese, nella notte del 30 agosto una bomba dirompente cadde sopra un padiglione del sanatorio, occupato dai tedeschi. Cinque furono i morti e numerosi feriti.

Mancavano poco più di due mesi alla liberazione di Forlì e la città appariva semideserta mentre la campagna circostante pullulava di sfollati, fuggiti dalla città per scampare alle angherie e ai soprusi dei nazifascisti e alle bombe degli alleati.

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