L’export non è questione di buona volontà, scrive Antonio Armellini sul Corriere della Sera. Parte dal presupposto che le esportazioni italiane tirano, ma non quanto sarebbe necessario, e l’internazionalizzazione del «Sistema Paese» arranca. Ed aggiunge: il mercato globale richiede tanto una forte capacità di organizzazione da parte delle imprese, quanto una visione strategica da parte dei governi: le parole chiave sono sinergie e gioco di squadra.
Però lamenta troppe incrostazioni burocratiche tra la grande abbondanza di strumenti per il sostegno delle esportazioni. Ed ha ragione da vendere quando sostiene che sarebbe urgente stabilire una linea di comando univoca. Mentre oggi, per una decisione cervellotica, è divisa fra due ministeri.
Però aggiunge, e anche qui ha ragione da vendere, che: l’«effetto chioccia», comune in tanti Paesi a partire dagli Usa — per cui le grandi multinazionali fanno da traino con le loro commesse a interventi a cascata di piccole e medie imprese che, da sole, non avrebbero alcuna possibilità —, è da noi praticamente sconosciuto.
Bacchettate arrivano anche verso le piccole imprese. Secondo Armellini le nostre aziende sono per lo più restie a unire gli sforzi, così come da tempo fanno i loro concorrenti, e finiscono spesso per ingaggiare lotte sfibranti fra loro sui mercati esteri per poi cedere, esauste, a concorrenti stranieri che hanno saputo consorziarsi.
Insomma, una stroncatura a 360 gradi che meriterebbere una profonda riflessione se si vuole continuare a garantire competitività al nostro sistema produttivo.
Nello stesso tempo, aggiungiamo noi, è necessaria una profonda riflessione a livello produttivo. Per conquistare quote di mercato è necessario puntare su innovazione e qualità. Un esempio arriva dall’agricoltura. Quella di quest’anno è un’annata pessima. Parte della responsabilità è da addebitare al calo di consumi legati ad un’estate pazza per il clima. Ma ci sono anche la concomitanza produttiva di Sud e Nord Italia, ma anche una maggior concorrenza spagnola nei mercati del nord Europa. A questo punto per difendere i nostri prodotti estivi (pesche, nettarine, susine, albicocche, meloni e cocomeri) occorre fare un salto di qualità nella produzione: serve differenziare, oltre a calibro e colore, anche con il grado brix. Insomma, prendere il cliente per la gola offrendo prodotti che gli altri non forniscono.
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