La mostra, prosegue nel cammino ideale di avvicinamento del grande pubblico italiano ed europeo alla Pop Art iniziato con gli eventi legati alle opere di altri grandi esponenti del movimento e rinnovatosi con le mostre dedicate a Steve Kaufman a Trieste a palazzo Costanzi, al Museo Enzo Ferrari di Modena
Galleria Farini in Bologna si disloca in due sedi: Galleria Farini Concept presso lo storico Palazzo Fantuzzi in via San Vitale 23 e Galleria Farini in via Farini 26/d che costituisce anche la prima sede aperta dalla titolare Grazia Galdenzi con il contributo artistico di Roberto Dudine in qualità di direttore artistico.
Dopo il grande successo ottenuto con la Mostra “Arte a Palazzo” in via San Vitale 23 che ha visto esporre oltre 85 artisti provenienti da tutto il mondo e con un’affluenza di visitatori da record, ora la Galleria Farini è pronta a proporre un altro grande evento che si terrà il 27 settembre alle ore 18.30 presso la sede in via Farini 26/d.
Galleria Farini presenta l’esposizione permanente dell’artista Steve Kaufaman presso la sede di via Farini 26/d nel centro di Bologna.
Quindici grandi opere dell’artista statunitense Steve Kaufman.
Una imperdibile opportunità per avvicinarsi alla Pop Art Americana “al di là di Andy Warhol”, guardando molto da vicino le opere di un artista affermato – Kaufman – che proprio di Warhol era stato allievo e assistente.
La mostra, prosegue nel cammino ideale di avvicinamento del grande pubblico italiano ed europeo alla Pop Art iniziato con gli eventi legati alle opere di altri grandi esponenti del movimento e rinnovatosi con le mostre dedicate a Steve Kaufman a Trieste a palazzo Costanzi, al Museo Enzo Ferrari di Modena, e dopo l’acquisizione da parte del Mozart Museo di Salisburgo del dipinto Mozart Stato II, per la sua collezione permanente .
La Pop Art fu l’arte della “cultura popolare” e della cultura resa disponibile a tutti. Fu il movimento d’arte figurativa che meglio rappresentò il senso di rinnovamento portato dal benessere seguito al boom economico del Dopoguerra, degli anni Cinquanta e Sessanta. Coincise con la globalizzazione della musica e con il nascere dei miti della “Pop Music”e della cultura giovane, con i miti impersonati dai Beatles e da Elvis Presley. La Pop Art era sfacciata, divertente, ostile alle altre forme d’arte, nemica degli artisti “non-Pop”. Ricomprese in sé numerosi stili di pittura e scultura provenienti da molte nazioni.
Gli esponenti del movimento “Pop” ebbero tutti in comune l’estremo interesse per i Mass Media e per la produzione di massa, realizzata nei testi, nelle fotografie, nelle opere realizzate attraverso la serigrafia, nella musica ed infine nella cultura stessa di massa.
L’American Pop Art era sia una reazione contro l’Espressionismo Astratto che una forma di sviluppo dello stesso. L’Espressionismo Astratto era stato il primo movimento artistico americano a ricevere un riconoscimento globale, ma a metà degli anni Cinquanta, molti intellettuali e artisti d’oltre oceano avevano preso a considerarlo eccessivamente introspettivo ed elitario. L’American Pop Art quindi si era generato da esso come tentativo di invertire quella tendenza, reintroducendo l’immagine quale elemento strutturale del dipinto, strappandola all’oscurità dell’astrazione e riportandola alla luce del mondo reale. Era un modello già sperimentato: Pablo Picasso, seguendo l’esempio di Georges Braque, aveva fatto qualcosa di simile quarant’anni prima, proprio nel momento in cui aveva temuto che il suo modo di dipingere fosse diventato troppo astratto.
L’allestimento di “Icons of Music: then and now” presso la Casa della Musica di Grado -Gorizia. Nei primi tre giorni la mostra, organizzata dal Comune di Grado e da “American Pop Art”, ha avuto più di mille visitatori.
Il tratto d’unione fra l’Espressionismo Astratto e la Pop Art fu quindi l’opera di due artisti americani proprio degli anni Cinquanta: Jasper Johns e Robert Rauschenberg.
L’uomo che tutti identificarono e identificano con l’essenza stessa della Pop Art fu però, senza dubbio, Andy Warhol; inizialmente disegnatore, grafico e artista commerciale che traeva i suoi soggetti dalle immagini del mondo della cultura di massa, attraverso: pubblicità, fumetti, giornali, televisione, cinema, Warhol incarnò lo spirito popolare americano ed elevò le sue realizzazioni al livello di arte museale: utilizzando immagini di personaggi famosi e prodotti da supermercato che riteneva ricchi di un’intrinseca banalità e quindi molto interessanti, Warhol intuì il valore del loro esser stati estrapolati dal contesto e privati d’emozione e significato proprio grazie all’esposizione di massa. Sovvertendo i valori dei critici d’arte dell’epoca e così attraendo l’interesse di grandi pensatori, anche in Europa, come Roland Barthes, Warhol espresse questo fascino della banalità attraverso una serie di opere che andò dalla zuppa Campbell fino alle celebrità dell’epoca come Marilyn Monroe.
Anche le icone della musica quali: Mozart, Beethoven e tutti i grandi protagonisti di allora e di oggi realizzate da Steve Kaufman si inseriscono, infatti, nel contesto del mito e dell’icona. Il confrontarsi con questi miti del passato, che sono però ancora vivi nell’immaginario collettivo del presente: Michael Jackson, nonostante la sua prematura scomparsa – John Lennon, Elvis Presley sono fortemente parte del nostro vivere quotidiano fu per Kaufman un processo naturale. Warhol si era spostato dagli oggetti alle persone, dalla ‘Campbell Soup’ (ripresa comunque anche da Kaufman, su richiesta della stessa ‘Campbell’) al mito di Marylin, laddove nessun altro artista riuscì al pari di Warhol a tradurre l’emozione della famosa frase con cui Marilyn, nel 1960, aveva definito sé stessa in un’intervista a ‘Marie Claire’: ‘Sono un prodotto artificiale”. Kaufman proseguì l’opera di Warhol ma sentì il bisogno di un contatto più personale con quelle icone della musica, del cinema e dello spettacolo che l’avevano affascinato. Sentì un bisogno, quindi, di nuova personalizzazione.
Se per Warhol l’assunto fondamentale era il pessimismo nei confronti della società americana in quanto nessun essere umano potrà mai conoscere un altro essere umano, per Warhol, Marilyn è un modello trasparente dei meccanismi del dominio dell’immagine sull’anima.
Il divismo: terrificante, semplice, inafferrabile, seducente laddove i divi sono concetti e immagini, e non persone reali.
Kaufman fa un passo avanti: il pessimismo non domina affatto la sua vita, ma anzi la stessa è una continua ricerca di nuovi stimoli e in quell’immagine che vede davanti ai suoi occhi. Come per esempio il ritratto di Frank Sinatra di fronte al quale l’anziano cantante si commosse, cerca nuovamente l’anima.
Warhol declinava il suo modo di vedere sé stesso in modo estremo; mentre Kaufman, più giovane di lui e suo giovanissimo assistente alla “Factory” era un artista impegnato, pieno dalla sua umanità e troppo consapevole delle complessità delle vicende della vita per poterle trascurare.
Steve, troppo impegnato a vivere, non smetteva comunque di trascorrere notti intere a tentare di convincere l’ufficiale di polizia di turno a rilasciare uno dei ragazzi che aveva tolto di prigione e portato nel suo studio.
Se Warhol intuiva, sul finire degli anni Sessanta, l’inizio del dissolvimento del reale rispetto all’immaginazione, e aveva iniziato ad analizzarne le ripercussioni proiettandole nell’esame delle conseguenze del dualismo fra cronaca e mitologia , Kaufman rafforza ancora di più questo confronto e pone la mitologia a contrasto con la storia contemporanea,dove storia è anche storia dell’arte.
Titolo: American Pop Art.Inc. – Steve Kaufman
Opere di Steve Kaufman
Inaugùrazione: Sabato 27 settembre 2014, ore 18.30
Luogo: Galleria Farini Via Farini 26/d 40124 Bologna
Orario galleria: Tutti i giorni dalle 15 alle 19
Mattina e dopo le 19.00 su appuntamento
Chiuso lunedì
Ingresso libero
Telefono per informazioni: + 39 334 848 5213
E-mail per info: galleriafarini@libero.it
Roberto Dudine – Art Director
Rosetta Savelli
26 settembre 2014
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