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CON IL NASO ALL’INSÙ di Marco Viroli e Gabriele Zelli

La lapide sulla Chiesa di San Biagio a ricordo dei morti del 10 dicembre 1944

MESTI AVANZI DEL PASSATO / FIORENTI OPERE DI PROMETTENTE AVVENIRE / RENDONO GLORIA ALLE VITTIME DI S. BIAGIO / SEME FECONDO / DI INVITTA FEDE CRISTIANA / E SACRO AMOR DI PATRIA / PARENTI E SUPERSTITI / NEL X ANNIVERSARIO / A RICORDO E MONITO / ERESSERO /

10 – XII – 1944 – 10- XII – 1954

DON AGOSTINO DESIRELLO SALESIANO – ANNI 59 / DAL SANTO LUIGIA – ANNI 69 / MORIGI ROSA – ANNI 69 / AGUZZONI CLELIA – ANNI 38 / AGUZZONI LILIANA – ANNI 5 / BANDINI MARIA – ANNI 62 / PARTISETI MARIA LUISA – ANNI 6 / PARTISETI GIULIANO – ANNI 4 / TRAVERSARI GIOVANNI – ANNI 47 / TRAVERSARI GIOVANNA – ANNI 15 / ZANGHERI MARIA – ANNI 42 / FIORE LUIGI – ANNI 49 / FIORE TONINO – ANNI 16 / ZARILLO ROSALIA – ANNI 48 / SR. ZACCHERONI M. GIOVANNA – ANNI 63 / SINTONI JOLE – ANNI 16 / PIANTINI MARIA – ANNI 83 / AVONI JOLE VED. VENTURI – ANNI 49 / GRILLANDI NILDE – ANNI 46 / RIPOLI GUIDO – ANNI 46

Ecco in breve come andarono i fatti la sera del 10 dicembre 1944. Ad aiutarci nella ricostruzione è ancora una volta l’insostituibile diario di Antonio Mambelli:

«Quattro apparecchi tedeschi, uno dei quali colpito dalla contraerea è precipitato in fiamme verso Bastia, hanno compiuto poco dopo l’Ave un’incursione sulla città, con conseguenze disastrose. La prima bomba, come le altre, di straordinaria potenza, ha interamente demolito la chiesa di S. Biagio, la canonica, il campanile e parte dell’attiguo monastero di clausura. (…) poco prima un gran numero di devoti assisteva alla funzione, quindi usciti per la maggior parte si sono salvati; una seconda è caduta nella casa Seganti in via Maldenti, abbattendosi nella cantina senza esplodere; una terza pure inesplosa è caduta nello stabilimento Orsi Mangelli; una infine ha causato la distruzione totale del palazzo Albicini in borgo Ravaldino, di gran parte dei contigui delle famiglie Merenda, Prati Savorelli, dall’Aste, Viroli, Dalle Vacche, mentre danni ricevevano quelli Marchini e Soprani. Ivi i morti sono stati numerosi lungo il tratto corrispondente della via e dentro gli edifici demoliti e fra essi oltre trenta militari alleati. Sette sono state le vittime di una sola famiglia: quella di Pasquino Camprini, portinaio di casa Merenda rimaste con altre persone schiacciate nel rifugio, compresi tre fanciulli, da sei mesi a tre anni. Insieme al grave lutto, poiché si tratta di un centinaio tra morti e feriti, la città ha sofferto perdite cospicue in opere d’arte, ché per sé sola un museo era la chiesa di S. Biagio e dipinti importanti si conservavano tuttora in casa Merenda e in quella Prati Savorelli (…) è da constatare che avendo due sole bombe prodotto un così immenso disastro, grava nell’animo dei cittadini l’atroce dubbio che la città non sia destinata alla distruzione totale mediante pochi altri di codesti attacchi (…)».

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