“Made in Romagna”. Potrebbe essere il marchio con il quale valorizzare le nostre eccellenze, che siano artistiche, turistiche, tenogastronomiche o produttive. Insomma, un brand a tutto tondo col quale portare il territorio nel mercato globale. Non è una novità in assoluto. Anzi, è una soluzione adottata in parecchie parti d’Italia. Ad esempio nelle Marche, in Toscana, a Napoli, a Torino. Questo non dovrebbe essere un freno, anzi, al contrario, uno stimolo. Se la cosa ha funzionato in altre zone del Belpaese significa che funziona e che, perciò, merita di essere presa in considerazione. Inoltre non è una novità in assoluto anche per la nostra terra. Già a Cesena esiste “Made in Cesena”. Ma all’inizio degli anni Ottanta la Comunità Montana della Valle del Savio veicolava il proprio simbolo mettendolo su alcuni prodotti come, ad esempio, il latte della Centrale di Cesena. La stessa Valle del Benessere proposta da Nerio Alessandro, patron e fondatore di Technogym, va in quella direzione. Anzi, la finalità è la stessa e ci potrebbero essere delle integrazioni. Le due iniziative hanno le caratteristiche per essere complementari. Anche Almaverde bío va in quella direzione e la creatura di Renzo Piraccini ha dimostrato di avere gambe per correre in quanto si tratta di un marchio riconoscibile, promozionato e che comprende prodotti di qualità.
Quindi ci potrebbero essere le condizioni per fare qualcosa di simile. Se ci fossero difficoltà si potrebbe partire a livello di Forlì-Cesena. Ma perché limitarsi? Ormai si ragiona sempre più in ambito romagnolo.
È chiaro che ogni azienda continuerebbe ad avere totale autonomia al proprio interno. Si tratterebbe invece di creare un consorzio molto snello. Nessun baraccone, per carità. Una struttura che avrebbe pochi compiti: selezionare i marchi, controllare che gli stessi mantengano livelli di qualità, promuovere il marchio. I fondi arriverebbero dalla quota versata dalle singole aziende aderenti, ma si potrebbero cercare anche finanziamenti pubblici. In particolare regionali.
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