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LA RICORRENZA DI MARZO di Marco Viroli e Gabriele Zelli

Il 13 marzo 1904 moriva Antonietta Cimolini, coraggiosa pioniera del volo

Chissà se fu il desiderio di avventura la molla che spinse Antonietta Cimolini, nata a Casola Valsenio nel 1878, a sposare il fornaio forlivese Giuseppe Silimbani, uno dei pionieri del volo in aerostato. Rampolla di una famiglia della piccola borghesia, donna colta, bella e di forte temperamento, appena ventenne convolò a nozze contro il volere dei genitori.

Giuseppe Silimbani era un uomo di umili origini, molto intraprendente, intelligente e pieno di interessi. Amava la musica ed era un vero patito dello sport, in particolare della corsa e della lotta. Ma la passione che rese celebre la coppia fu quella per le ascensioni con la mongolfiera. Antonietta, apparentemente fragile e di corporatura minuta, era dotata di carattere forte e volitivo. Ciò la spinse a seguire il marito nell’intraprendere l’improbabile carriera di aeronauta e con questa a cercare di sbarcare il lunario.

Le prime esperienze in areostato dei due si tennero a Forlì e a Ravenna. Fu in seguito a quelle imprese che la famiglia di Antonietta ruppe con loro ogni rapporto, sentendosi disonorata dalle evoluzioni in cielo che i due giovani presentavano a un pubblico sempre più numeroso.

Nel tentativo di cercar fortuna e aumentare la proprie entrate, insieme alla figlioletta Ofelia, la coppia decise di trasferirsi in Argentina. Qui, per guadagnarsi da vivere, Antonietta e Giuseppe cantavano nei teatri di Buenos Aires frequentati dagli emigrati italiani: lui tenore, lei soprano leggero.

Con crescente successo, continuarono inoltre a proporre ardite acrobazie aeree in cui la Cimolini si esibiva su un trapezio appeso all’aerostato “The Invincible Forlì”, guidato dal marito.

Ma proprio quando i Silimbani erano oramai decisi a porre fine ai loro spettacoli, divenuti troppo rischiosi, si compì la tragedia. Il 13 marzo 1904, data prescelta per l’ultima apparizione, i coniugi erano determinati a lasciare un ricordo indimenticabile nei tanti ammiratori accorsi. Il cielo era grigio e tempestoso e da est a sud soffiava un forte vento. L’ascesa venne sospesa nell’attesa che il vento si calmasse, ma il pubblico spazientito rumoreggiava per l’attesa.

Gli occhi di Antonietta, quasi a presagire il terribile destino a cui stava andando incontro, erano velati di tristezza. A un certo punto la giovane romagnola prese coraggio, sollevò al cielo la figlioletta di cinque anni, la baciò ripetutamente e salì sulla navicella.

Il vento fortissimo non dava tregua ma lo spettacolo doveva andare avanti. Tra gli applausi e le grida del pubblico il pallone salì rapidamente ma, mentre Antonietta stava per affrontare il numero sul trapezio, l’aerostato ebbe uno scarto improvviso e precipitò di schianto nelle acque del fiume Rio della Plata.

Quanto successe dopo non fu mai definitivamente chiarito. Ci fu chi raccontò che la navicella non affondò immediatamente e fu allora che che dalla costa partì una barca di apparenti soccorritori, in realtà banditi, che raggiunsero e strangolarono la giovane romagnola. I delinquenti la derubarono di tutti i gioielli. Pare inoltre che per appropriarsi degli anelli con i quali Antonietta amava adornarsi, i criminali giunsero persino a tagliarle le dita!

Il corpo martoriato della poverina venne recuperato solo il giorno dopo. Il referto del coroner sminuì quanto accaduto, parlando semplicemente di morte avvenuta per asfissia da immersione.

Antonietta fu ritenuta pioniera e prima vittima dell’Aeronautica Argentina, per questo, nel 1954, davanti al Mar del Plata, dove era precipitata furono scoperte due lapidi in suo onore: una voluta dal locale Aereo Club, l’altra dalla Federazione Generale delle Società Italiane in Argentina.

Anche Forlì ha voluto onorarne la memoria dedicandole una via nella zona del quartiere Ronco.

(Tratto da “Personaggi di Forlì” di Marco Viroli e Gabriele Zelli, Ponte Vecchio Editore 2013)

 

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