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crisi dell’edilizia: cause e possibili rimedi

Edilizia in crisi? Sì, e anche pesante. Domanda in crisi? No, o, per lo meno, non in misura direttamente proporzionale con la crisi del settore. Qual è allora il male che affligge l’edilizia? Premesso che il settore è quello che ha sentito di più gli effetti della grande crisi, bisogna anche aggiungere che l’uscita dal tunnel non sembra ancora dietro l’angolo. Secondo uno studio dei Nomisma, il calo dei prezzi proseguirà almeno per altri due anni nonostante si registri un aumento delle compravendite che, però, a livello nazionale, sono ancora circa il quaranta per cento in meno rispetto al dato precrisi.
Il grosso problema dell’edilizia residenziale e il progressivo impoverimento della classe media. Quella che per anni è stata il motore dell’Italia. Le grosse difficoltà che sta incontrando la classe media ha provocato la crisi dei consumi e anche dell’edilzia. Il comparto delle costruzioni è stato quello che ne ne ha risentito di più perché è cambiata profondamente la richiesta e ancora non c’è stato il necessario adeguamento.
Prendiamo Cesena. Dalla prima metà degli anni Novanta il settore ha conosciuto un grandissimo livello di sviluppo, con tassi identici a quelli del boom economico degli anni Sessanta. Una crescita determinata dall’aumento demografico e da quello, a due cifre, delle famiglie. Era il periodo in cui i prezzi volavano e, nelle zone immediatamente a ridosso del centro storico, le quotazioni avevano toccato anche i cinquemila euro al metro quadrato. Era anche il momento in cui si vendeva quasi solo sulla carta. Di conseguenza anche il prezzo delle aree lievitava continuamente. E nel comparto edile investiva chiunque avesse qualche soldo. E il costruito non si fermava nonostante ci fossero sempre più duemila appartamenti sfitti, numero che non solo restava stabile,ma tendeva a salire.
Poi, il brusco risveglio provocato soprattutto, ma non solo, dalla crisi. Le vendite prima si sono fermate, poi crollate. Le banche non solo hanno bloccato gli affidamenti, ma hanno chiesto i rientri. E la situazione è quella che ora è sotto gli occhi di tutti. E da qui bisogna ripartire.
Per farlo però è necessario resettare. Il comparto, o quel che resta, deve adeguarsi al nuovo tipo di richiesta. Arriva dalle fasce deboli. Ad quelle, però, che non hanno molto da spendere e che, nella maggior parte dei casi, possono andare in affitto. Ed allora serve una risposta sociale. Del resto non è un caso se la filosofia dell’ex mercato ortofrutticolo è completamente cambiata. Nel progetto originale solo un quinto dei circa quattrocento appartamenti era riservati all’edilizia sociale. Ora tutti sono destinati a quella fetta di mercato. Dovranno rispondere alla richiesta di affitto, ma anche di vendita. In quest’ultimo caso, però, il prezzo dovrà essere inferiore ai duemila euro al metro quadro. Quotazione che, comunque, dovrà essere, all’incirca, anche quella del mercato libero se si vorrà riuscire a piazzare il proprio prodotto. Strada che potrà essere perseguita solo nel momento in cui i prezzi delle aree diminuiranno.

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