Che scoppola. Dopo il Def la nuova E45 torna in naftalina. A prescindere dalla batosta per il nostro territorio (in particolare per Cesena e Ravenna), non si capisce il perché della scelta del governo. La nuova E45 non è solo una strada che attraversa l’Italia, ma sarebbe la porta verso l’Europa dell’Est. Quindi, un’infrastruttura fondamentale per lo sviluppo di un paese che vuole, ed ha bisogno, di guardare oltre i propri confini. È vero che l’embargo ha gelato le esportazioni verso la Russia. Ma quello deve essere visto come uno stop momentaneo. E, comunque, l’Europa dell’Est non è solo la Russia.
Inoltre fermare i lavori per la nuova E45 significa penalizzare anche la sicurezza. La superstrada è nata vecchia. A causa dei continui ritardi, quando fu completata il progetto era già datato. Il primo problema è la mancanza della corsia di sicurezza. Poi ci sono punti che sono del tutto inadeguati. Il nodo di Perugia è forse l’esempio più calzante, ma non è l’unico. Se poi ci aggiungiamo che i fondi per la manutenzione (deve essere continua) sono sempre meno, ecco che capiamo che, con il passare del tempo, la situazione sarà sempre più delicata e si rimpiangerà la bocciatura, da parte del governo, di un progetto che aveva già ottenuto il via libera.
Uno stop che è quasi una pietra tombale anche sull’Emilia bis. Anche in questo caso gli ambientalisti esulteranno senza, a mio avviso, rendersi conto che la realizzazione dell’Emilia bis avrebbe notevolmente aumentato la percorribilità dell’attuale via Emilia. E questo con enormi vantaggi sia dal punto di vista ambientale che della sicurezza.
La decisione del governo è stata una mazzata, ma prima di dare tutto per perso serve una reazione degna di tale nome. E questa, al momento, non sembra esserci stata. Il territorio dovrebbe unirsi e far sentire la propria voce. Se esistesse un sistema Romagna saremmo tra le prime città d’Italia e, probabilmente, avremmo un peso diverso. Se ci siamo è il momento di battere un colpo. Questo, forse, è il primo vero banco di prova. Però serve meno conflittualità fra i sindaci e meno protagonismo. La filosofia è chiara: un’area metropolitana con i servizi distribuiti su cinque città (Cesena, Faenza, Forlì, Ravenna e Rimini) e, soprattutto, con una visione comune.
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