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Socialdemocrazia ancora attuale, ma deve aggiornarsi

Ha fatto bene il collega “storico” (dal 1989) Davide Buratti ha gettare un sasso nello stagno delle cose da dire sull’attualità ideale e politica. Sostanzialmente del suo ragionamento condivido quasi tutto, del resto quando ero giovane ero un socialista e vengo dalla tradizione paterna che il suo primo voto utile nel 1948 lo diede al Psli di Giuseppe Saragat… e viveva ancora a Catania poco prima di laurearsi in Economia e Commercio e venire a insegnare al “nord”. Devo però dire che la moderna socialdemocrazia del XXI secolo dovrebbe aggiornare il suo pensiero integrandolo con due nuove grandi categorie politiche e culturali: il federalismo, di tipo europeo nella direzione degli Stati Uniti d’Europa (proprio per ampliare su scala europea i benefici che socialdemocrazie e laburismo hanno creato) ed ecologismo (perché la riconversione ecologica delle fonti energetiche e la lotta decisa contro il cambiamento climatico sono aspetti di una nuova questione nazionale ed internazionale…ci sono molti migranti climatici…come dal Bangladesh che non riescono più a causa di immense inondazioni a praticare l’agricoltura nel loro Paese…e poi ci sono gli africani in fuga dal Sahel dove la temperatura media è di 44 gradi, contro i 40 del 1951. E del resto siamo in Romagna dove nacque il primo Partito Socialista Rivoluzionario di Romagna con Andrea Costa che lasciò le idee anarchiche e costituì il primo nucleo del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani nato a Genova nel 1892. Tutta la tradizione precedente democratica e mazziniana e quella successiva operaia e comunista non può certo elidere l’apporto di idee e programmi di quella fase storica. Peccato che con Mussolini e il suo fascismo, la versione socialdemocratica sia stata rovinata dallo statalismo nazionalistico-dittatoriale facendoci perdere quegli appuntamenti di progresso che riuscirono a svilupparsi nel Nord-Europa con un’efficace industrializzazione e modernizzazione. Forse è anche per questo che in Italia la dialettica fra liberali e socialisti sia sempre stata tra forze tutto sommato minoritarie, mentre il confronto nel secondo dopoguerra è stato sempre privilegiato fra Dc e Pci. Si dià è acqua passata,…ma i ritardi nel fare diventare l’Italia un Paese a democrazia compiuta pesano molto e lo stesso fenomeno di Renzi che dichiara senza mezzi termini di ispirarsi alla terza via di Tony Blair corre il rischio, ma non è solo in questo, di essere in ritardo storico di una ventina d’anni. Del resto lo stesso D’Alema avrebbe potuto accelerare la trasformazione del Pci in un partito socaldemocratico…ma prima doveva passare dalla stazione Pds…quello con la Quercia, ma non ancora come primo simbolo la rosa del socialismo europeo. Poi si scelse la via dell’Ulivo…e ora si vogliono anche eliminare dal simbolo del Pd le due foglioline che ricordano l’avventura dei governi guidati d Romano Prodi. L’idea del Pd partito della nazione, però, lo dico da giornalista di cultura politica socialista-iberale e mazziniana non mi convince troppo. Non credo che in Italia possa funzionare il modello bipartitico nello stile degli Usa. Se mai, ma siamo come al solito in ritardo, dovremmo europeizzare i partiti e pensare che alle prossime elezioni europee sarebbe meglio avere un solo collegio unico europeo e non diviso su 28 Stati come ora.

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