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Multiculturalità: la Rimini Bizantina

Per chi ancora non mi conosce abbastanza, dichiaro di essere laureata in Storia dell’arte bizantina e  questa dichiarazione può essere usata contro di me. Se pensiamo davvero a cosa ha fatto dell’Italia il museo aperto, diffuso che tutti idolatrano e invidiano, tutti tranne gli italiani, allora dovremo usare questa gran parola: multiculturalità.

I popoli, i linguaggi culturali sono nati, si sono espressi con l’arte che ci hanno lasciato e sono stati assorbiti dai popoli e dai linguaggi culturali immediatamente successivi. Per questo motivo trovo illogico non insegnare a scuola e nei licei una Storia dell’arte e dell’archeologia, visto che l’archeologia non è che la ricostruzione di questi linguaggi prima che qualcuno li definisse arte.

Rimini prima di essere stata inglobata nell’ambito romano, con la deduzione a colonia del 268 a. C., fu “visitata” da altre popolazioni e anche dopo la crisi del III sec d.C. che investe l’Impero, si lascia trasformare da altri popoli e culture. E’ ormai dichiarata la presenza di una cultura bizantina a Rimini e nel territorio testimoniata da fonti storiografiche, topografiche ed archeologiche.

Storiograficamente e topograficamente possiamo parlare di un momento preciso, il VI secolo in cui Rimini subisce il fenomeno di retractio urbis per il quale vengono abbandonate alcune zone cittadine in particolare quelle vicino all’Arco di Augusto all’attuale Piazza Tre Martiri  e la città si stringe attorno a tre assi principali che sono corrispondenti a Piazza Cavour Piazza Malatesta e Piazza Ducale e proprio in corrispondenza di Piazza Ducale e nella zona occidentale della città, la zona del Ponte di Tiberio viene fortificata con la formazione di una “cittadella” bizantina sede della guarnigione e dei funzionari bizantini comandati da un dux.

Sul territorio si vedranno nuove costruzioni legate al culto cristiano, attestato in città già dal 313, vedi SS. Donato Giustina, s. Michelino in Foro, S. Innocenza, e domus di questo periodo.

Rimini vive secondo gli usi e i costumi della cultura bizantina, questo è testimoniato da untesoretto bizantino del VI secolo ritrovato in Piazza Ferrari che comprendente 3 cucchiai d’argento, spilloni per capelli e soprattutto fibule a croce che sono identiche a quelle indossate dai dignitari imperiali nel pannello di Giustiniano e Teodora nei mosaici di S.Vitale. Questo confronto mi inebria.

Dopodichè assistiamo sul territorio ad un periodo di transizione che, a partire dalla crisi  iconoclasta( decreto di Leone III 726-730) e dai tentativi espansionistici del re longobardo Liutprando  e poi di Astolfo  sfociò dopo la metà del secolo VIII nell’estromissione dei bizantini dalla Romagna a favore del Patrimonium sancti Petri (destinato a trasformarsi nello stato della chiesa) e nella caduta del regno longobardo nel 774

Ancora una volta Rimini è protagonista di una battaglia ricordata dallo storico Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum dove viene ricordata una sconfitta dell’esercito longobardo presso a Rimini intorno al 739, ma non mancano indizi di una penetrazione delle truppe di Liutprando (che si impadronì di Classe) anche nel riminese nel 728-729, come attesta l’iscrizione funebre del sovrano

Dopo la caduta dell’esarcato 751 in seguito all’alleanza franco-pontificia il re franco Pipino trasmise al pontefice Stefano II le chiavi delle città dell’esarcato e della Pentacoli tra cui Rimini, tuttavia la città dovette restare per un paio di anni sotto il controllo longobardo

Dopo la fine dell’esarcato e del Regno longobardo il territorio riminese pur conservando la propria eredità bizantina è coinvolto nello spazio politico culturale carolingio anche mediante la sottrazione di reliquie.

Rodolfo di Fulda narra la traslazione a Fulda intorno al 835 del corpo del martire istriano Venanzio conservato a Rimini ma di cui ancora oggi non si vede un legame con la città.

[Eleonora]

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