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Molto prima che la cooperazione… la pirateria!

Il principo democratico dei pirati

PIRATES, Roy Kinnear (foreground left), Walter Matthau (center), 1986. ©Cannon Films

Il capitano di una nave pirata veniva eletto dall’equipaggio e non godeva del potere assoluto, anzi gli veniva affiancato un quartermaster che ne conteneva l’autorità, svolgendo le mansioni di tribuno, mediatore, tesoriere e custode dell’armonia a bordo.
La massima autorità era nelle mani del consiglio generale che riuniva tutto l’equipaggio, fino all’ultimo mozzo, e aveva l’ultima parola su qualunque questione. E, prima di ogni spedizione, venivano stabiliti accordi scritti che regolavano la distribuzione dell’autorità, del bottino, del cibo e delle altre risorse, e le norme di disciplina. Alcuni pirati liberarono gli schiavi neri ad Haiti, a partire dal 1600, per averli come marinai.
Su una nave pirata il capitano era eletto dalla maggioranza e poteva essere destituito se l’equipaggio non era soddisfatto del suo operato. La ciurma, non il capitano, decideva la destinazione di ogni viaggio, quali navi attaccare e quali villaggi depredare.
Il capitano deteneva il potere assoluto in battaglia ma in tutte le altre circostanze doveva sottostare alla volontà della maggioranza dell’equipaggio.
Malgrado gli fosse concesso l’uso della cabina principale, egli non ne aveva l’accesso esclusivo, e doveva permettere agli altri membri della ciurma di andare e venire a piacimento, di usare le sue stoviglie e di condividere cibo e bevande.
Il quartiermastro era il rappresentante della ciurma e il “fiduciario di tutti”. Aveva il compito di comporre le piccole controversie e l’autorità di punire con la frusta o col bastone. Egli doveva inoltre condurre l’attacco quando si abbordava una nave e, di solito, assumeva il comando della imbarcazioni catturate.
Su un nave pirata vigevano i principi della rivoluzione francese in anticipo di almeno un paio di secoli rispetto ad essa.
Era il desiderio di non sottostare ad alcuna forma di potere vessatoria e nessuna coercizione delle loro libertà che spingeva molti marinai (spesso galeotti) a rischiare la forca per darsi alla pirateria. Divenuti pirati, spinti dalla sete di denaro e facili guadagni, dalla ricerca della felicità e una miglior condizione di vita ma soprattutto spinti da una sete di libertà inappagata, si costituivano come assemblea democratica tra loro e non premettevano a nessuno di comandare su di loro senza che loro lo consentissero. Il comandante era necessario perché l’organizzazione delle funzioni in un nave da guerra lo richiedeva, ma non accettavano tale autorità come potere precostituito.
Mi ricorda molto uno sparuto gruppo di consumatori inglesi di fine ottocento che per trovare migliori condizioni di mercato e non essere vessati da cartelli di mercato si costituirono nella prima cooperativa di consumo.
A voi no?
(tratto da David Cordingly – Storia della pirateria, Mondadori, 1995)

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