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Si fa presto a dire Uber

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Sono monopolisti, cari, antitecnologici, a volte abusivi. I taxisti italiani non godono proprio di buona stampa, specie da quando hanno aperto lo scontro frontale con Uber e le altre app che minacciano di sostituire il loro lavoro con la cosiddetta “sharing economy”. Chi ha fatto mutui per una licenza non ci sta a farsi sostituire da un programma sul telefonino e fare pure la figura del luddista retrogrado.

Non sta succedendo solo ai conducenti di vetture pubbliche. Ormai esistono piattaforme per tutto, dal bed and breakfast alla consegna dei pacchi. Continuiamo a dirci che è un’opportunità e che dovrebbero essere le cooperative ad aggregare questa immensa domanda.

La realtà è che dietro a questi colossi operano capitali immensi che, come usava dire una volta, socializzano le perdite e privatizzano i profitti. Non c’è rimedio? Io ricordo com’erano i siti di aste online agli albori: un paradiso della compravendita senza scontrino fiscale e senza garanzie. Un bel giorno la Finanza si fece dare l’elenco dei venditori, fioccarono le multe  e sul mercato rimasero solo gli operatori puliti. Non si tratta di applicare leggi speciali, bastano e avanzano quelle che ci sono.

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