Questi primi mesi del 2016 sono molto particolari, la voglia di dire che la crisi è finita è tanta, ma gli indicatori economici consigliano molta prudenza. Il dato grezzo della crescita segna dei timidi più, ma le persone davanti al proprio estratto conto bancario non riescono ancora a provare quella serenità indispensabile per poter dire che siamo usciti da un periodo buio. Qualche giorno fa ho avuto l’occasione di poter “scavare” in maniera più dettagliata sui numeri dell’industria agroalimentare italiana dal 2009 al 2015 e le sorprese non sono mancate.
In primis l’incremento dei ricavi e il ritorno dalle vendite che nel periodo è rimasto attorno al 4-5% e con un valore aggiunto quasi doppio. Sono dati che fanno riflettere sul valore del settore agroalimentare nel “portafoglio” economico del Paese ed in fondo l’Expo di Milano ha colto in pieno questa tendenza. Non vado oltre sulle ragioni che influiscono su questi numeri, per esempio l’export e il costo reale delle materie prime che se troppo basso è un elemento positivo per il valore aggiunto, ma provoca la chiusura delle aziende agricole. Dobbiamo però utilizzare questi numeri anche come cooperatori agroalimentari per capire cosa vogliamo fare nel nostro futuro. La cooperazione agroalimentare vale un quarto del fatturato complessivo e non è scritto da nessuna parte che non debba crescere.
Vi sono però delle scelte da fare su dove crescere, a quali capitali accedere per poter crescere e a quale modalità cooperativa fare riferimento per continuare a svolgere la mission di tutela dei redditi dei soci agricoltori e lavoratori. Queste scelte sono a carico dei dirigenti e dei consigli delle cooperative, ma i primi timidi segni positivi dell’andamento economico devono essere l’occasione per una riflessione strategica di sistema Italia e di sistema cooperativo per supportare e sviluppare i piani delle imprese.
Magari facendo un convegno in meno e sostenendo una cooperativa che si sviluppa in più.
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