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All’odio sui social bisogna rispondere – parte 2 – le risposte ai commenti

L’editoriale dell’ultimo numero della Romagna Cooperativa sta suscitando, come previsto, un bel po’ di reazioni scomposte da chi si è sentito preso con le mani nella marmellata.

In questo post pubblicheremo i link che provengono dai commenti su Facebook che ci vengono segnalati (opportunamente anonimizzati per evitare problemi legali a qualcuno di questi signori che sono intervenuti in maniera un po’ “scomposta”) per rispondere educatamente, chiarire alcuni concetti e – se possibile – riportare la discussione a un minimo di verità condivisa.

Immagina male, la Romagna Cooperativa non percepisce un euro di soldi pubblici, ma si sostiene con la pubblicità raccolta dall’editore. Ovviamente questo giornale è a favore della campagna di controinformazione #menogiornalimenoliberi che abbiamo sostenuto attivamente sin dall’inizio, contro posizioni demagogiche e, a mio parere, anticostituzionali.

Signor Samuele, se fosse solo uno sarebbe nulla. Qui ad esempio eccone un altro. A lei farebbe piacere essere accomunato a Totò Riina? Possibile che non esistano altri argomenti contro le cooperative?

E ancora:

Figuriamoci noi, considerando che lei è l’autore del commento di cui sopra.

Attendo con ansia i contributi costruttivi alla discussione delle persone di cui sopra.

Nel frattempo mi chiedo: ma è mai possibile che tutte le volte che si assiste a una discussione sui social network a un certo punto uno chiama gli amici a spalleggiarlo?

Guardate cos’è successo a Zerocalcare di recente. Chi pensa che più opinioni sbagliate sommandosi ne facciano una giusta è stato – scusate il termine – ipnotizzato da Marc Zuckerberg e tutta la retorica di Facebook. Magari pensava di combattere il capitalismo ed è finito a bollire nella caldaia dei padroni del vapore.

La ringrazio del commento, molto civile ed educato. Io ovviamente non condivido la sua opinione. Se veramente Conad fosse favorita platealmente non dovrebbe sborsare 5,5 milioni di euro per costruire una nuova caserma dei carabinieri, più 250mila euro per gli arredi in centro storico. Sono tantissimi soldi, io non li ho mai visti tutti insieme. Non mi risulta che altre catene non cooperative li abbiano mai versati in casi analoghi in giro per l’Italia, ma potrei sbagliarmi.

Nessun messaggio nascosto, gradevole o sgradevole. Il messaggio è molto chiaro. Finora gli attacchi sui social network discutibili dal punto di vista delle norme vigenti sono stati ignorati. D’ora in avanti non sarà più così, in particolar modo per quegli attacchi che nascondono la ricerca di un dividendo “politico”. Sono d’accordo sui maleducati.

Ho come l’impressione, signor Gianni, che lei non si sia accorto che da cinque anni c’è un centro commerciale a Forlì che fa picchi di 25mila visitatori al giorno, la maggior parte una discreta parte dei quali provenienti da Cesena. Progetti legati ai ricatti? Ma si rilegge dopo che ha scritto?

Ecco perché ci chiamano cooperative rosse. Guardi, non ci siamo proprio, se vuole le do qualche ripetizione di storia del Novecento.

Qualcuno chiama in causa il consigliere nazionale dell’ordine dei giornalisti Michelangelo Bucci, indicando l’editoriale della Romagna Cooperativa come “diffamatorio”. La risposta di Bucci è la seguente, la lascio senza commenti.

In generale, e prescindendo dalla polemica, c’è un “buco” legislativo nell’ordinamento italiano, ben noto agli studiosi della materia. Chiunque può pensare di aizzare le persone sui social network e poi fare finta di nulla. Proliferano bufale e siti che alimentano notizie volutamente false, per motivi di propaganda politica. Ma pare che non ci sia modo di fermare nessuno per un “meme”.

L’articolo è una trattazione generale sullo “hate speech” nei confronti delle cooperative. Non c’è alcun tipo di intenzione di gettare discredito su alcuno. A dire il vero se l’articolo non fosse stato condiviso sul suo profilo, dubito che avremmo mai avuto il successo che questo post sta riscuotendo, con centinaia di visualizzazioni e condivisioni, a favore e contro.

Ma non eravate i campioni della libertà di discussione, critica e informazione?

Ringrazio questa autorevole esponente politica per avere reso pubblico questo suo desiderio di correttezza. È esattamente l’obiettivo che mi prefiggo: aprire un ampio dibattito sull’utilizzo distorto dei social network a fini di propaganda politica.

Perché vile? Io metto la faccia su quello che scrivo, nome e cognome, e scrivo su una testata registrata in tribunale. Vorrei uguale coraggio da certi “fake” che girano sul web.

Il caso di specie, francamente, mi interessa assai poco, tanto che abbiamo deciso di non citare nomi e cognomi, né di citare i nomi delle cooperative coinvolte. Il problema è generale e riguarda il dibattito politico nel suo complesso.

Ognuno di noi sui social network ha un tempo di attenzione di circa 8 secondi (un pesce rosso ne ha 9). Questo porta inevitabilmente alla personalizzazione delle questioni.  Ribadisco: prescindo dal singolo caso, a me e a questo giornale interessa il quadro complessivo di imbarbarimento della vita pubblica e l’utilizzo strumentale delle cooperative come oggetto del contendere. Lo stesso che fa sì che per attaccare le politiche migratorie del Governo si pubblichino i “meme” offensivi con la faccia della Presidente Laura Boldrini e il riferimento alle cooperative sociali.

Robaccia tipo questa:

Lo ripeto, il caso singolo è irrilevante, ma vogliamo parlare della luna senza guardare al dito? Un conto sono i politici, come detto. Se invece si diffondono a intervalli regolari foto, nomi e cognomi di stimati cittadini per anni associandoli a un clima di sospetto e sopraffazione, poi non ci si può chiamare fuori quando un esagitato decide di travalicare i confini. Il problema, finché ciò avviene sui social network, è molto relativo. Speriamo che mai a nessuno venga in mente di passare all’azione, sarebbe gravissimo.

L’invito a tutti è alla calma e alla riflessione.

Io non mi definisco giornalista professionale, bensì professionista. E non “mi definisco”, ma ho sostenuto apposito esame di stato per conseguire l’apposito tesserino. E ho anche le idee abbastanza chiare sull’utilizzo delle preposizioni, a differenza sua.

Cosa rispondere a chi vorrebbe farti cancellare dall’ordine professionale per un ragionamento sulla violenza a uso politico nei social network? Che prima di farsi eleggere bisognerebbe studiare la Costituzione? Sono tentato di citare Vasco Rossi, ma tralascerò.

 

Guardi, anche lei prende un pezzo dell’articolo, minimale. Ribadisco: a me della persona e del caso in questione interessa molto relativamente, il tema è più generale e riguarda toni e modalità della discussione politica sui social network da parte ormai di tutte le forze politiche, anche a livello locale. Le cooperative ci finiscono in mezzo da destra e da sinistra in maniera studiata e alcune si sono stufate, decidendo di intervenire per vie legali a tutela della reputazione loro e dei loro amministratori. Io questo non lo chiamo “intorpidire le acque”, ma cercare di renderle più limpide. Vogliamo parlarne?

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