È evidente il diverso approccio del presidente del Consiglio col suo predecessore. C'è ancora spazio per un simile comportamento o servono leader debordanti?
In politica spunta lo stile Gentiloni. È sotto gli occhi di tutti il differente approccio, non solo comunicativo, fra l’attuale presidente del Consiglio e il suo predecessore. Lo sottolinea anche Fabio Martini su La Stampa. Martini è una delle principali firme del quotidiano torinese e scrive “c’è qualcosa di nuovo, anzi di antico nel nuovo governo: i ministri, soprattutto quelli competenti, sono tornati a parlare, a proporre, ad agire in prima persona. Col risultato che nel giro di due settimane sono venuti alla luce diversi piani operativi”.
Poi prosegue “sembra un fenomeno scontato ma si tratta di una novità. Per quasi tre anni, sotto la guida di Matteo Renzi, ogni provvedimento era scandito da due imperativi: la ‘centralità’ in termini di presenza e di immagine del presidente del Consiglio, la scansione temporale dei provvedimenti sulla base della loro comunicazione”.
E termina “certo, un maggior protagonismo da parte dei ministri può avere il suo rovescio della medaglia, come dimostrano le dichiarazioni di alcuni ministri e infatti a palazzo Chigi non sono state apprezzate alcune sortite (non solo quella di Poletti sui giovani emigranti italiani), ma la maggior libertà è un prezzo da pagare per avere una squadra più motivata”.
Non so voi, ma io di certi leader debordanti comincio a essere stanco. Capisco che la politica attuale è fatta soprattutto di immagine. Ma bisogna anche rendersi conto che non bisogna esagerare. È anche vero che il gradimento è direttamente proporzionale ai risultati ottenuti. Ma non guasterebbero anche una certa moderazione sia nella comunicazione che nella gestione della squadra.
Sarà perché a me non l’uomo solo al comando non è mai piaciuto, ma mi sembra ci sia tanto bisogno di moderatismo. Che non è una brutta parola, ma un sostantivo che dovrebbe essere tenuto in considerazione da tutti, ma in particolare dai leader politici. Invece sta succedendo il contrario. I numeri uno fanno non solo da catarifrangenti, ma sempre più spesso oscurano la squadra. Ma, quello che è ancora peggio, tendono a contonarsi di yes man. O, comunque, non vanno oltre il loro cerchio magico. Mentre la grande qualità di un leader dovrebbe essere quella di contornarsi di gente brava.
Quello dell’autoreferenzialità poi, purtroppo, è un male molto diffuso in politica. Sono in molti a soffrirne. Non è solo un problema di maggioranza. Si tende sempre più ad arroccarsi nelle proprie idee e a considerare l’avversario un nemico. Spesso è ritenuto, quando va bene, un incapace o, addirittura, un cretino. Invece è solo una persona che la pensa in modo differente. Che può anche avere torto, ma col quale ti devi confrontare. Adesso, invece, assistiamo sempre più a scontri muscolari e a nessuno o pochissimi confronti tra le intelligenze.
Prima o poi ci torneremo? Me lo auguro, anche se i segnali che vanno in quella direzione sono sempre meno. Purtroppo.
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