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Scuola politica addio e gli effetti si vedono

https://www.flickr.com/photos/palazzochigi/

Adesso c'è troppa improvvisazione, perciò non dobbiamo meravigliarci se il sistema paese soffre. Sembra assurdo, ma rimpiango i vecchi partiti

Siete sicuri che non rimpiangeremo i partiti tradizionali? Io non ho certezze, ma temo che ne  sentiremo la mancanza. Non parlo delle strutture elefantiache e inutilmente costose, della corruttela (che non è sparita) o del nepotismo (sempre vivo), ma di quella scuola alla quale si sono abbeverate tante persone che poi si sono messe in luce nel pubblico e nel privato.

 

Non devo difendere niente e nessuno. Ho dei valori ai quali mi rifaccio continuamente, ma non sono mai stato iscritto a un partito e, tanto meno, ne ho fatto parte in qualche modo. Per quello che ho fatto (poco o tanto) non c’è la mano di nessun partito, solo tanto lavoro e la fiducia delle  persone. Nel contempo sono consapevole che difendendo i partiti tradizionali mi attirerò una lunga serie di strali.

Il Consiglio dei Ministri presieduto da Paolo Gentiloni https://www.flickr.com/photos/palazzochigi/mi

Però se guardiamo bene la nostra struttura sia pubblica che privata ci rendiamo conto che molti esponenti nascono dalla scuola politica. Non parlo solo del Pci/Pds, ma anche della Dc, del Pri e del Psi. È vero che essere organici ad un partito ti facilitava le cose. Ti permetteva di entrare prima nel giro che conta. Ma poi dovevi correre con le tue gambe. Ad un certo punto scattava la meritocrazia ed a farsi spazio erano più bravi, gli stessi che, poi, erano emersi anche all’interno dello stesso partito.

 

È così che sono cresciuti: Renzo Piraccini, Giordano Conti, Luca Panzavolta, Paolo Lucchi, Simona Benedetti, Massimo Mazzotti, Matteo Brighi, Daniele Gualdi, Simone Zignani, Roberto Casalini, Enzo Lattuca, Roberto Sanulli, Graziano Gozi, Giuseppe Zuccatelli, Italo Macori, Riccardo Cappelli, Stefano Bernacci, Massimo Bulbi, Giorgio Andreucci, Carlo Battistini, Laura Bianconi, Domenico Scarpellini, Denis Ugolini, Luigi Di Placido, Nazario Sintini, Piero Gallina, Giuliano Zignani, Vittorio Pieri, Piero Bonavita. Questi sono solo alcuni nomi dei cesenati cresciuti nei partiti che hanno avuto ed hanno ancora un ruolo di primissimo piano sia nel pubblico che nel privato. L’elenco è molto, molto più lungo. E comprende persone che sono brave. Che i risultati li hanno ottenuti per le loro capacità e non perché erano dei paracadutati.

Questo perché i partiti, con tutti i loro difetti, erano una scuola nella quale entravi da giovane e ti accompagnava facendoti crescere e poi permettendoti di esprimere le conoscenze e le capacità.

Adesso è tutto diverso. I partiti sono ectoplasmi. E, di certo, faticano ad essere una scuola. Qualcosa si può imparare nei gruppi consiliari, soprattutto se c’è qualche esperto che vuole condividere le sue conoscenze. Ma è acqua fresca rispetto al passato.

Adesso la situazione si sta rovesciando. Non c’è più la trafila. Chi arriva in politica è già formato. Ma ad impegnarsi non sono esponenti di primissimo piano della società civile e di quella imprenditoriale in particolare. Non dimentichiamoci, tanto per fare un esempio, che, a suo tempo, nella Dc cesenate militava un certo Davide Trevisani.

 

Quindi è inevitabile che si vada verso un continuo impoverimento della politica con inevitabili ripercussioni sulla coda pubblica. Quindi adesso può capitare di vedere una persona inadeguata occupare un ruolo importante. Una volta non era così. Chi non aveva i numeri si fermava prima. Invece adesso abbiamo avuto Matteo Renzi presidente del Consiglio, Maria Elena Boschi ministro per le Riforme, Virginia Raggi sindaco di Roma, Luigi Di Maio e Matteo Salvini candidati premier in pectore e Giorgia Meloni leader della destra. Quindi non ci dobbiamo meravigliare se in Europa siamo quelli che crescono meno.

A livello locale lo scenario è ancor più desolante. L’ultimo episodio, Giorgio Gustato Rosso, capogruppo dei 5Stelle che se ne va senza che nessuno sappia niente, è solo l’ennesima conferma.

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