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A Dovadola grande successo per la prima volta del Cammino del’Amicizia. Oltre 150 persone alla partenza


Oltre 150 persone hanno partecipato all’inaugurazione, avvenuta nel coros del pomeriggio di domenica 30 aprile, del Cammino dell’Amicizia, un itinerario ideato da Daniela Ronconi che unisce l’Abbazia di Sant’Andrea (la Badia) di Dovadola, dov’è sepolta la Venerabile dovadolese Benedetta Bianchi Porro, con il Santuario di Sant’Antonio a Montepaolo. Al tradizionale taglio del nastro erano presenti, insieme ai componenti del Comitato Montepaolo per Sant’Antonio che ha come referente proprio Daniela Ronconi, il sindaco Gabriele Zelli, Emanuela Bianchi Porro, sorella di Benedetta, Mons. Dino Zattini, già vicario generale della Diocesi di Forlì-Bertinoro, Don Alfeo Costa, parroco del paese, Stefano Borreca, comandante della Stazione dei Carabinieri di Castrocaro Terme.


Il Cammino dell’Amicizia, che è percorribile quotidianamente e liberamente in circa due ore, poi occorre considerare il ritorno, oppure occorre organizzarsi per ritornare al punto di partenza in auto, consente di passare attraverso posti di straordinaria bellezza e suggestione sul crinale che divide la valle del Montone da quella del Samoggia-Marzeno e di toccare alcuni luoghi storici del territorio dovadolese. A partire proprio dalla Badia, l’abbazia di fondazione cluniacense che risale al secolo XI, poi cistercense con ingenti possedimenti fondiari tra il XV e XVI secolo. L’imponente costruzione posta a fianco della chiesa conserva ancora traccia dell’antica destinazione monastica, nonostante i ripetuti interventi edilizi realizzati, fu prima ridotta a commenda e successivamente adibita ad abitazione dei Tassinari, detti della Badia. La chiesa dedicata a Sant’Andrea, patrono di Dovadola, ora sede parrocchiale, fu per secoli legata alla villa come giuspatronato delle famiglie che si sono succedute nella proprietà. Di origine romanica, fu trasformata in forme rinascimentali e contiene pregevoli dipinti. Il 22 marzo 1969 vi è stata sepolta, in un sarcofago sormontato da un altorilievo in bronzo dello scultore Angelo Biancini (Castel Bolognese 1911 -1988) che la raffigura giacente, la Venerabile Benedetta Bianchi Porro.

Durante il percorso si raggiunge Rovedola, censito nel 1551 come Ronedola, comune della podesteria di Dovadola con ventitré fuochi, corrispondenti a circa 120 persone, dove sorgeva un castello nello stesso posto dove sono situati due edifici rurali, la cui presenza è documentata dal XIII al XIV secolo. Successivamente si incontra la località Casole con la chiesa di Santa Maria che si ergeva proprio sul crinale, all’incrocio del percorso trasversale fra le vallate del Montone e della Samoggia-Marzeno. Si trattava di un edificio di modeste dimensioni, con campanile a vela. In base agli studi storici risalirebbe invece al XII secolo la prima documentazione di un fortilizio costruito sul Monte Casole, appartenuto alla Chiesa di Ravenna, quindi ai Guidi di Dovadola fino al 1435. Ogni traccia del castello è scomparsa con la costruzione dell’ex colonia per i bambini dei portuali, oggi sede dei Rosacroce,  il grande edificio in cemento armato che si incontra quasi al termine dell’itinerario, che si conclude a Montepaolo, citato come “balia” del castello di Dovadola negli statuti del 1441.

Nel censimento del 1551 figura come comune della podesteria di Dovadola con 14 fuochi, corrispondenti a circa 80 persone. Tra il 1908 e il 1913 sulla sommità di Montepaolo, nel luogo che forse ha ospitato il castello, su un terreno acquistato dalla nobile famiglia Zauli, è stato riedificato il santuario dedicato a Sant’Antonio di Padova, dopo il definitivo abbandono di quello di origine seicentesca sconvolto da ripetute frane e quasi completamente distrutto nel 1888. L’attuale chiesa è stata riedificata nello stesso periodo, ad eccezione del campanile costruito tra il 1939 e il 1941. Nel 1997, quando era padre guardiano il frate Ernesto Caroli, l’ideatore dell’Antoniano di Bologna, venne concessa dai Padri Conventuali, custodi della Basilica di Sant’Antonio a Padova, un’importante reliquia del corpo del Santo. La reliquia fu trasferita a Montepaolo in elicottero il 14 giugno dello stesso anno. Ad attenderla tantissimi cittadini che successivamente parteciparono ad una solenne processione fino al Santuario dove la reliquia fu posta in un apposito reliquiario nella cappella di destra appositamente sistemata su disegno di padre Costantino Ruggeri. A poca distanza, collegata da un ampio sentiero che attraverso lo straordinario bosco che attornia tutta la zona, si trova la grotta del Santo, in origine era posta più a valle verso il torrente Samoggia, che dall’esterno si presenta come una capanna, ricomposta con gran parte del materiale originale. La statua del santo è stata recuperata dall’antica grotta ed è una pregevole opera di Ballanti Graziani di Faenza. Nelle pareti interne sono murate alcune cassettine, segnate da altrettanti croci, che contengono le reliquie dei santi, anch’esse recuperate dal santuario travolto dalla frana. Sotto l’altare un’urna contiene la reliquia del martire San Valeriano, difensore della città di Forlì e “terrore dei demoni”, già patrono di Forlì prima che la Chiesa optasse per la Madonna del Fuoco.


I componenti del Comitato Montepaolo per Sant’Antonio si prefiggono, tra le altre cose, di mantenere aperto il Santuario di Montepaolo, incessante meta di persone anche dopo che i frati minori francescani hanno dovuto lasciare il posto, unitamente alla Chiesa di San Francesco di Forlì,  consapevoli che “La vita non è un calcolo di opportunità, ma un investimento d’amore”. Ed è per questo che il Cammino dell’Amicizia vuole essere un invito a salire a Montepaolo unendo due figure come Benedetta Bianchi Porro e Sant’Antonio, senza escludere le altre possibilità di raggiungerlo da tutti gli altri percorsi.

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