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Politici, ascoltare i messaggi che arrivano dagli elettori

Dalle elezioni di domenica sono arrivati segnali inequivocabili. Verranno ascoltati o continuerà a prevalere l'egoismo?

Sulle elezioni amministrative di domenica si sono spesi fiumi di parole. Come è logico che sia. Partendo dal presupposto che i dati sono inconfutabili, ognuno ha dato la sua chiave di lettura. Che, poi, non è così differente fra i vari analisti. Il fil rouge è sempre lo stesso: sconfitta dei 5Stelle, sofferenza del Pd, vittoria del centrodestra e, soprattutto, delle coalizioni.

Per quanto mi riguarda condivido l’analisi di coloro che suggeriscono di non dare per morti i 5Stelle. Anche se Grillo ci mette molto impegno per affossarli, torneranno in auge. A mio avviso il loro principale problema potrebbe diventare proprio il comico genovese che tolto dal palco da un contributo vicino allo zero. Non ha visione politica, è ondivago e non sa tenere il gruppo. Una squadra non lo governi con i diktat.

Non condivido poi le scelte di Berlusconi. Ancora una volta, a mio avviso, dimostra che è entrato non politica per interesse personale. La coalizione di centrodestra ha dimostrato che può essere vincente, ma lui frena è continua a spingere sul proporzionale per fare la politica dei due forni ed avere più forza di quanta non ne possa avere in una coalizione dove la Lega sarebbe il partito più votato, ma con il problema di essere forte solo in una parte del territorio nazionale.

E il centrosinistra? In questo senso condivido quello che scrive Antonio Polito sul Corriere della Sera. Premette che l’isolamento non giova a nessuno e che il primo destinatario del messaggio è Matteo Renzi, perché è il leader che più di tutti ha tentato di rendere inutili, obsolete e anacronistiche le alleanze. Poi cosa è successo: a Genova ha candidato un ex di Sel e a Palermo ha votato per Orlando, del quale era all’opposizione. Secondo Polito lo ha dovuto fare perché da solo soccombeva, come un anno fa a Roma e Torino e il 4 dicembre al referendum.

Secondo Polito Renzi ne deve essere consapevole, se per aggirare il problema ha tentato la scorciatoia di un sistema istituzionale ed elettorale che chiudesse in una camicia di nesso la peculiarità della società italiana, molto frastagliata, densa di un reticolo di forze e poteri intermedi, pervicacemente pluralista. È questa la vera riflessione che non è ancora venuta dal Pd dopo la sconfitta referendaria: bisogna ricostruire una strategia, e metterla al posto della illusione del colpo di maglio che ti fa sfondare nel campo altrui. Ma ci vuole umiltà e sincerità per conquistarsi alleati. Non si può convocare Pisapia sotto le proprie insegne o snobbarlo a seconda del sistema elettorale del momento.

Poi l’affondo di Polito: il voto dei comuni ha detto che il meccanismo tipico della politica democratica, allearsi con il più vicino per tenere lontano il più lontano, può ancora scattare. Certo – aggiunge -, sia a sinistra che a destra, ha bisogno di gente nuova, progetti nuovi, ideali nuovi. Ha bisogno di compromessi, di limitare i numerosi ego ipertrofici che ci sono in giro. Ma corrisponderebbe alla richiesta degli elettori, e sarebbe anche il modo migliore (certamente migliore delle larghe intese dopo il voto) di isolare e piano piano riassorbire la rivolta anti establishment che ancora si affida ai Cinquestelle. E se non lo fanno loro, centrosinistra e centrodestra tradizionali, qualcun altro prima o poi ci proverà, come è accaduto in Francia, dove gli elettori sensati si sono lanciati su un movimento nuovo di zecca, né di destra né di sinistra.

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