Le esperienze locali dimostrano che gli accordi sono possibili senza che nessuno rinunci ai propri valori o abdichi dalle proprie idee. Ma serve un po' di buon senso
Le due sinistre (radicale e liberalsocialista) possono essere alleate? Secondo me sì senza se e senza ma. Lo dimostra quello che è successo, a più riprese, a Cesena e in Emilia Romagna. Così come, nell’ambito della destra, non dovrebbero avere problemi a convivere l’alla più centrista con quella con valori e idee più vicine alla destra storica.
In tutte e due i casi è fondamentale lasciare da parte i personalismi e bandire le posizioni più estreme. Mi rendo conto che a coloro che si definiscono moderati sentir parlare di estremismo relativamente alle proprie proposte può venire l’orticaria.
Resta il fatto che tutti devono partire da un presupposto: compito della politica è creare ricchezza e redistribuirla nel modo più equo possibile.
Fin qui tutto bene. I problemi nascono quando si tratta di applicare i concetti che portano a ottenere questo risultato. È chiaro e scontato che ognuno si ispira ai propri valori, alle proprie idee. Che, per fortuna, non sono le stesse per tutti. Altrimenti saremmo di fronte a quel pensiero unico che mi fa rabbrividire al solo immaginarlo. Sono fortemente convinto che la vera ricchezza è la diversità che, però, dovrebbe fare rima con confronto.
A quel punto si tratta di capire se c’è la volontà di mediazione, oppure se ci si arrocca sulle proprie convinzioni. Posizione legittima, ma, a mio avviso, miope.
Per quanto riguarda le sinistre, in un percorso di alleanze i sacrifici che le due parti dovrebbero fare non sono poi così eccessivi. L’esperienza di Cesena lo dimostra.
Nessuno dovrebbe rinunciare ai propri valori, alle proprie idee e ai cavalli di battaglia. La sinistra radicale, ad esempio, dovrebbe continuare a mettere ai primi posti i diritti dei lavoratori. Questo però non significa essere sempre e comunque sulle barricate. Reputo, per esempio, molto interessante un integrativo legato in parte alla produzione. Nell’epoca dell’industria 4.0 servirebbe poi un approccio costruttivo per difendere i posti di lavoro.
Anche le privatizzazioni non devono essere abbandonate. Ma a certe condizioni. Resto dell’idea che l’obiettivo principale debba essere quello di fornire un servizio pubblico di qualità e a costi non esagerati per l’utenza. È fondamentale che il pubblico metta dei paletti rigidi e che controlli che vengano rispettati sia che il servizio sia pubblico che privato.
I liberalsocialisti invece innanzitutto devono evitare di spingere sul pedale della liberalizzazione. È chiaro che leggi come il Jobs Act sono troppo liberiste. Non si tratta di essere vetero o no. C’è un limite oltre il quale non si può andare. Sia da una parte che dall’altra. Per non superarlo non servirebbero trattative particolarmente difficili. Sarebbe necessaria solo una buona dose di buon senso.
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