I due sostantivi dovrebbero essere correlati, ma si allontanano sempre di più. Soprattutto irrompe l'aspetto mediatico
Su Facebook è molto dibattuta la scelta fatta dagli amministratori di una pagina molto visitata: eliminano quelli che considerano comunicati politici.
Non entro nel merito della decisione in quanto non conosco gli amministratori di quella pagina e non so quale siano stati i motivi della loro scelta. Ognuno a casa sua fa quello che vuole, naturalmente prendendosi oneri e oneri.
Però, dal mio punto di vista, ho l’impressione che si sia fatta un po’ di confusione. Premetto che non ho approfondito la cosa, quindi potrei anche fare degli errori. Comunque la mia sarebbe una riflessione a prescindere.
Ho letto che vengono cancellati i post politici. Io invece direi che sarebbe più giusto dire (o fare) che ad essere cancellati sono i post partitici.
Politica e partitismo sono due sostantivi che possono essere correlati. Ma, più passa il tempo, più la forbice si allarga.
La politica è la scienza e la tecnica che regola la vita di tutti i giorni. È l’elemento fondamentale per la costituzione, l’organizzazione dello Stato. Ma è anche la base per determinare principi o direttive nell’esercizio di un’attività o un potere decisionale in senso lato.
Il partitismo è lo strumento per risolvere i problemi della vita politica dello Stato. Detta così è una bella cosa: più persone che si aggregano e cercano il consenso per il bene comune.
Il problema, a mio avviso, è che sempre più spesso i valori di base vengono disattesi. E i partiti (base del partitismo) con una frequenza sempre maggiore fanno scelte determinate dalla loro convenienza. È vero che la politica è l’arte della mediazione. Ma gli accordi non andrebbero fatti al ribasso e le decisioni dovrebbero essere determinate dai programmi, mentre è la poltrona quella che conta. Succede sempre più spesso che un accordo è vincolato al ruolo che sarà dato a una persona.
Per non parlare poi delle scelte fatte contro, a prescindere. Soprattutto quando c’è un ritorno mediatico.
Uno spartiacque poi è questo. Perché non è vero che i partiti o il partitismo non sanno fare la buona politica. Spesso nelle commissioni (a tutti i livelli) c’è quella mediazione che porta alla compilazione di buone leggi. Questo non è consociativismo. Nessuno deve rinunciare ai propri valori, ma, partendo da quelli, possono essere in grado di migliorare un disegno di legge. Ma quando si accendono i riflettori il buon senso (la buona politica) va a farsi friggere. Bisogna solo mostrare i muscoli e il resto non conta niente.
In tal senso mi ricordo un episodio che mi è successo parecchi anni fa. Come Corriere di Cesena avevamo fatto la scelta di seguire le commissioni consiliari. Dopo non molto tempo un capogruppo mi contattò e mi chiese di rivedere la decisione. “Sai – mi disse – di solito la commissione è il luogo dove si mediano le varie posizioni. Però se ci siete voi non è più possibile. Ogni partito deve tenere il punto”. Le parole non furono proprio quelle, ma il senso sì.
Cose che, invece, non succedono nei Quartieri, l’istituto, a mio avviso, più democratico che esista e dove, veramente, l’unico obiettivo è il bene comune.
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