Mercoledì 13 settembre 2017, nell'ambito degli eventi della manifestazione "Dante. Tòta la Cumégia" 2017-2018 e in occasione dell'anniversario della morte del Sommo Poeta. L'Associazione Culturale Direzione21 presenta una serata dedicata a Dante Alighieri a Forlì.
Mercoledì 13 settembre 2017, nell’ambito degli eventi della manifestazione “Dante. Tòta la Cumégia” 2017-2018, nell’anniversario della morte del Sommo Poeta, l’Associazione Culturale Direzione21 presenta: “In ricordo del Sommo Poeta. Serata dedicata a Dante Alighieri a Forlì”.
Alle ore 20.30, presso la Sala Melozzo (Chiesa della SS. Trinità), l’Associazione Direzione 21 si presenterà ufficialmente alla città, offrendo una piccola degustazione di vini.
La serata proseguirà alle ore 21.00 con una passeggiata notturna, condotta da Marco Viroli e Gabriele Zelli, per le vie della città sulle tracce di Dante Alighieri a Forlì.
Il percorso raccontato terminerà sotto il campanile di San Mercuriale, in piazza Saffi, dove il gruppo potrà assistere in anteprima al video con i brani salienti dell’ultima edizione di “Dante Tòta la Cumégia”, tenutasi a Forlì il 17-18-19 maggio di quest’anno.
L’evento è aperto a tutti ed è gratuito. La cittadinanza è invitata.
Per maggiori informazioni Ass. Culturale Direzione21:
email – ass.direzione21@gmail.com; Cell.: 331 88 62 632; Facebook: @direzione21.
“Corresponsabilità” forlivesi nella morte di Dante Alighieri
(Tratto dal libro di prossima uscita “Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna”, volume 2, di Marco Viroli e Gabriele Zelli).
Forse non tutti sanno che figura determinante nella vita e nella morte di Dante Alighieri fu il forlivese Fulcieri, membro della famiglia dei Paolucci di Calboli. Nato, con ogni probabilità, nel terz’ultimo decennio del Duecento da Guido, fratello di Rinieri, Fulcieri fu esponente di parte guelfa, come da tradizione familiare, nemico giurato degli Ordelaffi, ghibellini, che riuscirono, però, a prendere la signoria di Forlì, prima con Scarpetta e poi con Francesco I.
Fulcieri comparve sulla scena politica nel 1295, nell’atto di rendere omaggio al rettore papale. Da questo momento intraprese una rapida e intensa carriera politica, distinguendosi come zelante fautore della causa papale e ancor più del guelfismo intransigente e fazioso. Ricoprì cariche politiche di rilievo, come quella di podestà e capitano del popolo in diverse importanti città, tra cui Parma, Milano, Firenze Modena e Bologna.
Tuttavia l’episodio più rilevante della sua carriera politica fu l’incarico di podestà ricoperto a Firenze nel 1303, dove divenne, con inaudita ferocia, lo strumento della parte nera al potere nella vendetta contro la parte bianca. In quell’anno Fulcieri dovette respingere un tentativo di riprendere la città compiuto da fuoriusciti guelfi e da ghibellini, fra cui Dante, che faceva parte di un esercito sotto la guida di un altro forlivese, il suo vecchio avversario Scarpetta degli Ordelaffi.
Così lo storico Dino Compagni, contemporaneo di Dante, descrisse l’episodio: «La terza disaventura ebbono i Bianchi e Ghibellini (la quale gli accomunò, e i due nomi si ridussono in uno) per questa cagione: che essendo Folcieri da Calvoli podestà di Firenze, i Bianchi chiamorono Scarpetta degli Ordalaffi loro capitano, uomo giovane e temperato, nimico di Folcieri».
Il «temperato» Scarpetta si contrappone a Fulcieri, descritto come violento e feroce. Tutti aspetti del carattere di Fulcieri che vengono confermati da Dante quando, nel Canto XIV del Purgatorio (vv 58-64), così fa parlare Guido del Duca del nipote a Rinieri di Calboli:
«Io veggio tuo nepote che diventa / cacciator di quei lupi in su la riva / del fiero fiume, e tutti li sgomenta. / Vende la carne loro essendo viva; / poscia li ancide come antica belva; / molti di vita e sé di pregio priva. / Sanguinoso esce de la trista selva»
Si tratta ovviamente di giudizi di parte, influenzati dalla polemica politica e dal risentimento. Resta che i fiorentini, venendo meno alla regola che imponeva il cambio delle cariche pubbliche ogni semestre, rielessero Fulcieri per il secondo mandato consecutivo.
Alcuni anni dopo Forlì e Fulcieri avrebbero avuto di nuovo un ruolo decisivo nell’esistenza dell’Alighieri, in primis, nel 1318, quando Dante decise di lasciare Verona. Il Sommo Poeta avrebbe voluto trasferirsi a Bologna, una città che conosceva bene perché vi aveva studiato da giovane e dove da oltre due secoli era attivo lo Studium, l’Università. Qui avrebbe inoltre potuto avere accesso a una delle più ricche biblioteche del mondo occidentale.
A Bologna però era potente la parte guelfa avversa a Dante. Oltretutto Fulcieri era tenuto in grande considerazione, essendo stato capitano del popolo della città felsinea dal 1299 al 1300 e dal 1307 al 1309. Ancora a Bologna Fulcieri ebbe ruoli di potere anche immediatamente prima la morte di Dante, quando, nell’estate del 1321, fu chiamato di nuovo a ricoprire la carica di capitano del popolo. Infine, morto il Sommo Poeta, Fulcieri fu di nuovo capitano del popolo a Bologna nel 1325 e podestà l’anno successivo.
Tornando a Dante, ancora non del tutto chiari sono i motivi che lo spinsero a lasciare la corte scaligera di Verona, mentre, da quanto si è detto, risulta evidente che il “ghibellin fuggiasco” non avrebbe potuto vivere tranquillamente i suoi giorni a Bologna. Per questo si lasciò attrarre dalla piccola corte di aspiranti letterati di Ravenna, tra i quali lo stesso signore, Guido Novello da Polenta. Qui, negli ultimi tre anni della sua vita, Dante creò un vero e proprio cenacolo al quale aderirono i figli Jacopo e Pietro, Pieraccio Tedaldi, Giovanni Quirini e altri giovani letterati locali. Nel frattempo, mentre metteva mano ai canti conclusivi del Paradiso, per conto di Guido Novello svolgeva alcune ambascerie presso le corti d’Italia.
Una di queste missioni diplomatiche lo condusse alla fine dei suoi giorni. Nell’estate del 1321 Ravenna si trovava in forte attrito con Venezia, un dissapore che si manifestava con continue scaramucce marittime tra le navi del doge e quelle polentane. In questo frangente, la città lagunare si alleò agli Ordelaffi di Forlì. Si profilava così per Ravenna un attacco a tenaglia – da terra i forlivesi, dal mare i veneziani – e Guido Novello sapeva di non avere i mezzi necessari per resistere al duplice assalto. Chiese allora a Dante, notoriamente amico degli Ordelaffi, di recarsi di fronte al Senato veneziano per cercare di ricomporre le divergenze in campo e trovare un accordo di pace.
La missione diplomatica portò i frutti sperati e allontanò il pericolo di una guerra che forse sarebbe stata fatale per Guido Novello e per la sua signoria. Il viaggio attraverso le malsane paludi delle Valli di Comacchio, tra Ravenna e Venezia, fu però fatale al cinquantaseienne poeta che contrasse la malaria e, poco dopo il suo rientro in Romagna, nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321, fiaccato dalle febbri, Dante rese l’anima al Signore.
Guido Novello restò fortemente scosso dalla morte improvvisa dell’amico e per questo decise di rendergli omaggio con funerali solenni che si tennero il giorno seguente nella Basilica di San Francesco. Il corpo del poeta fu posto nello stesso sarcofago in cui si trova tuttora e inizialmente sepolto nel chiostro di San Francesco. Quello fu solo l’inizio di una serie di spostamenti che meriterebbero una trattazione a parte e che hanno portato, il 19 dicembre 1945, alla sistemazione della cassetta con le spoglie mortali di Dante, nel tempietto neoclassico (costruito tra il 1780 e il 1781) dove tuttora riposano. Con buona pace dei fiorentini che, ciclicamente, continuano a chiederne un’improbabile restituzione.
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