"Raccontare la cura" di Michele Sanza e Sara Valerio tratta il delicato tema del disturbo borderline di personalità. Una sezione è dedicata alle interviste dei pazienti
Un bel libro, ma soprattutto un documento interessante per cercare di aiutare all’approccio del Disturbo Borderline di Personalità.
“Raccontare la cura” (edizioni Francoangeli) è stato scritto a quattro mani da Michele Sanza e Sara Valerio. Ed è stato presentato nella sala Lignea della Malatestiana. Oltre ai due autori erano presenti Simona Benedetti, assessore alla Sanità, e Alex Giovannini, presidente dell’associazione Michelangelo e del Cufo (Comitato Utenti Familiari Operatori, che riunisce le associazioni che si occupano di Salute mentale).
Il libro di articola in due sezioni. La prima è molto tecnica, la seconda sono le testimonianze di un gruppo di pazienti, riportate senza filtri, sintassi a parte.
A prescindere dal fatto che è di facile lettura, perché ha periodi molti brevi e pochissimi incisi, la seconda parte è molto interessante perché permette, anche a chi non è uno specialista, di capire il mondo del Disturbo Bordeline, patologia a volte sconosciuta anche agli stessi pazienti che, per loro stessa ammissione, in alcuni casi hanno dovuto aspettare anni per sapere di cosa soffrivano. Altro elemento che emerge è l’uso/abuso dei farmaci. Tema sempre molto dibattuto e di stretta attualità.
“Il libro – dice Michele Sanza – nasce all’interno del progetto regionale sui disturbi gravi di personalità, nato per migliorare le aspettative di cura delle persone che soffrono di questo disturbo. E’ una ricerca qualitativa il cui fine è raccogliere il punto di vista dei malati sul percorso di cura”.
Per quanto riguarda la patologia Sanza aggiunge: “È un problema pò discriminato perché considerato non una vera e propria malattia da molti psichiatri”.
Mentre ritiene che richieda specifiche risposte “basate sulla psicoterapia e, comunque, nell’approccio psicosociale (più relazioni meno farmaci) e richiede il coinvolgimento attivo del soggetto in cura”. Perché “la terapia può funzionare se l’utente è aiutato a tirar fuori la soluzione”.
Sara Valerio, coautrice, è molto soddisfatta in generale, ma lo è, in modo particolare, per la collaborazione dei pazienti. Non era per nulla scontato che si mettessero a disposizione e, comunque, con l’approccio che invece c’è stato. “Sono state interviste – dice Sara Valerio – che hanno permesso alle persone di ricapitolare la loro esperienza fin dall’inizio, dal loro primo approccio con il servizio. Sono soddisfatta di quello che è emerso, ma, in particolare, della disponibilità. Tutti hanno avuto un approccio molto positivo, ma in molti di loro c’era un trasporto. Sembrava volessero mandare un messaggio di speranza: si può guarire”.
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