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Andrea Dovizioso, lavoro duro e serietà: così nasce un vero eroe del motociclismo

Forse non riuscirà quest'anno a togliere la corona a Marquez, ma l'Italia delle due ruote ha rispolverato un campione e così Forlì può tornare ad inorgoglirsi con i suoi assi delle due ruote, da Otello Buscherini a Loris Reggiani

Un ragazzo di Forlimpopoli che scalfisce il tifo unanime per Valentino Rossi degli appassionati italiani di moto, e prova a conquistare il titolo mondiale di MotoGP, la categoria più importante delle due ruote a motori, una sorta di Formula Uno per chi ha la rossa Ferrari nel cuore. È proprio una Rossa, la Ducati, la fida compagna di Andrea Dovizioso, il ragazzo in questione, che ha regalato sfide all’ultimo sangue, o meglio all’ultima curva, con Marc Marquez, spagnolo della Honda, leader del campionato con 33 punti sul pilota forlivese, un bottino che, con due gare alla fine e 50 punti in palio, fanno pendere la bilancia dalla parte dell’iberico, ma quello che ha fatto Dovizioso in questa stagione non può che farlo entrare nella storia motoristica e sportiva di Forlì. Non era un carneade Dovizioso all’alba della stagione 2017. Tanto per intenderci un titolo mondiale, seppur nella classe 125 (ora pensionata) lo aveva conquistato già nel 2004 con la Honda, alla terza stagione completa nel circuito.

Foto dal sito ufficiale di Andrea Dovizioso – http://andreadovizioso.com

 

Poi era salito di categoria, vincendo anche in 250, fino alla MotoGP dove è approdato nel 2008 con la Honda, con la quale nel 2009 ha vinto la sua prima gara. Un predestinato, che però ha dovuto attendere il 2016 per concedere il bis, con la Ducati, dopo aver cavalcato anche la Yamaha. Onesto protagonista del circuito iridato. Quest’anno l’esplosione con 5 vittorie, la testa del campionato conquistata dopo un’estate di fuoco. Cosa è cambiato in questo ragazzo di 31 anni, con una compagna e una figlia di 7 anni? Tutto e niente. Il ritornello “Dovizioso, bravo pilota, ma non un vincente” che girava tra gli addetti ai lavori, lo ha sentito tante volte e se lo è lasciato scivolare addosso, consapevole che il lavoro e la sua serietà avrebbero pagato.

 

Foto dal sito ufficiale di Andrea Dovizioso http://andreadovizioso.com/dovi2015/

 

Quest’anno la Ducati gli ha affiancato Jorge Lorenzo, altro top driver con 5 mondiali vinti, due in 250 e tre in MotoGP, per dare slancio alla casa di Borgo Panigale in cerca del salto di qualità e Andrea invece di accusare il colpo si è elevato a protagonista: cinque vittorie, duelli come in Austria e Giappone con Marquez che hanno entusiasmato il pubblico e soprattutto vinti, come a dire che il ragazzo che quando c’era da battagliare chiudeva il gas, si è trasformato in tigre pronta ad azzannare gli avversari. E tutti a elogiare il Dovi. Lui non ha fatto una piega (nella vita, non in pista dove gli riescono piuttosto bene), e in un mondo dove i motociclisti vengono visti come matti capaci di correre a oltre 300 chilometri orari, pronti a sfidare il pericolo oltre che gli avversari, ha dimostrato che essere “normali”, non aver voglia di farsi male per raggiungere traguardi impossibili, è ancora un valore vincente. Per chi ormai da due decenni si esalta con le imprese di Valentino Rossi, forse Dovizioso rappresenta un’anomalia, il campione della porta accanto, umile e vero, con i piedi per terra e la voglia di arrivare in cima al mondo.

Uomo e campione in un mondo dove spesso i piloti sono visti come invincibili guerrieri fino a quando qualche incidente non ce li riconsegna alle umane fragilità. Non ha avuto ferite gravi Dovizioso, altro elemento di forza in una carriera che tocca l’apice della popolarità e della simpatia nel grande pubblico.

Forse non riuscirà quest’anno a togliere la corona a Marquez, ma l’Italia delle due ruote ha rispolverato un campione e così Forlì può tornare ad inorgoglirsi con i suoi assi delle due ruote, da Otello Buscherini, tragicamente morto in un incidente al Mugello nel 1976 quando era al culmine della carriera, a Loris Reggiani, amato e sfortunato pilota anche lui di Forlimpopoli, troppo spesso bloccato da incidenti in pista.

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