Documento dei Liberaldemocratici sulle nuove tegole di convivenza civile
Intervento dei Liberaldemocratici sul nuovo regolamento di convivenza civile. Questo il documento.
A Cesena abbiamo di che rallegrarci: possiamo permetterci di dedicare il dibattito politico al se e come vietare manifestazioni “fasciste”.
Non avendo altro di cui discutere, perché tutto funziona meravigliosamente, possiamo permetterci di abbandonarci alla demagogia e allo schema amico/nemico, tanto caro a chi governa la nostra città.
Succede, infatti, che la Giunta Comunale elabora un provvedimento sui valori costituzionali perché si convince che la città ha un impellente e urgente bisogno di “vietare nei luoghi pubblici lo svolgimento di attività che concretizzino la lesione ai principi dell’antifascismo, dell’integrazione, della tolleranza e della democraticità”.
In barba alla nostra Costituzione (“la più bella del mondo”), quella dell’articolo 17, quella dell’articolo 21, quella della chiara volontà di rompere con il periodo fascista lasciando ampia libertà di espressione e manifestazione, i nostri Amministratori pretendono di regolare i diritti civili secondo la loro visione, peraltro totalmente sbilanciata su una impostazione assolutamente demagogica.
Ora, bisogna che ci intendiamo bene, ma veramente bene: se qualcuno pensa ad una gara a chi è più antifascista, non ha capito proprio nulla; se intende nascondere dietro la retorica dell’antifascismo tentativi di aggregare consensi perduti, ha capito ancora meno di nulla.
Qui non c’è una divisione tra fascisti e antifascisti, non perché non esistano nostalgici e nuovi interpreti, ma perché la forza della nostra comunità si basa sul fatto che i princìpi democratici sono assolutamente condivisi, e per questo nessuno può fare il maestrino.
Le culture di riferimento del nostro Paese vengono tutte dall’antifascismo (nonostante qualcuna abbia avuto la tentazione sostituire una dittatura con un’altra simile se non peggiore), e la loro forza è sempre stata quella di opporre ai rigurgiti che si sono manifestati nei primi 70 anni di democrazia un bagaglio ideale carico di valori.
Chi scrive viene da una tradizione laica di tolleranza, ma di forza negli ideali.
Non siamo abituati a zittire e a impedire, perché abbiamo principi ben saldi che ci permettono di affrontare le situazioni difficili con la serenità dei contenuti.
Sono i deboli che impediscono.
Arriviamo al paradosso, per certi versi quasi comico che, in barba alla nostra Costituzione, in barba agli organi di controllo come la Corte Costituzionale o la Prefettura, in barba a chiare leggi già presenti, a Cesena sarà la Polizia Municipale a decidere se una manifestazione può svolgersi o meno.
Con tutto il rispetto per il nostro corpo di polizia locale, non è forse questa una dimostrazione lampante di mancanza di rispetto verso le regole democratiche?
La Polizia Locale, anziché questionare sull’autorizzare o meno una manifestazione, dovrebbe impegnarsi in maniera ancora più concreta nell’azione di controllo del territorio. Perché quello che chiedono oggi i cittadini, e che l’amministrazione ignora completamente, è il diffuso bisogno di sicurezza che attraversa la città e che trova riscontro quasi quotidianamente sugli organi di stampa.
E se, come succederà spesso, non si riuscirà a prendere una decisione attraverso questa procedura, a chi spetterà il compito? Magari alla stessa Amministrazione Comunale, in un incomprensibile girotondo.
E poi, torniamo alla motivazione di partenza: “vietare nei luoghi pubblici lo svolgimento di attività che concretizzino la lesione ai principi dell’antifascismo, dell’integrazione, della tolleranza e della democraticità”.
Tolto il principio dell’antifascismo (che peraltro è già ampiamente tutelato da leggi dello Stato), su integrazione, tolleranza e democraticità vogliamo veramente far decidere un Sindaco o un comandante di Polizia Municipale?
E in base a cosa? Alla simpatia? All’appartenenza politica? Alle pressioni sociali? Alle convenienze contingenti?
Qualcuno potrebbe pensare, ad esempio, che anche le manifestazioni delle “Sentinelle in piedi” sono da vietare, perché poco tolleranti nei confronti di alcune categorie di persone.
Noi siamo agli antipodi della visione delle Sentinelle, ma mai ci sogneremmo di vietare una loro manifestazione. Magari ne faremmo una contemporanea in un’altra piazza per significare il nostro disaccordo.
Un amministratore pro-tempore della cosa pubblica, che pensa di sostituire con un semplice atto amministrativo le leggi dello stato e gli organi competenti sovraordinati, sta assolvendo bene al suo compito, che prevede innanzitutto il rispetto della Costituzione Italiana?
Ne dubitiamo fortemente.
Forse sta più cercando di ricompattare una parte politica o recuperare una immagine appannata e divisiva, senza capire che, così facendo, non fa altro che peggiorare la situazione.
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