Intervista a Marco Capponi, autore del romanzo “Il volo del nibbio”

Nella giornata di ieri, presso l’Aula Polivalente Koinè Onlus di Valverde, si è tenuta la presentazione del romanzo “Il volo del nibbio” di Marco Maria Capponi, 23enne di Macerata, studente magistrale presso il Campus di Forlì. Con pochi formalismi e tanta emozione, il giovane autore ha così brevemente descritto il suo libro: “è un romanzo distopico e fantapolitico, nel quale si approfondisce la storia d’amore tra Nilats, il soldato di Capitale Ovest, e Nike, la ragazza ribelle di Edenia. Le due città sono state divise al termine di un atroce guerra, e al loro interno si sono sviluppati due regimi totalitari: uno si basa sul terrore, su purghe cicliche e sul continuo indottrinamento tramite propaganda dei suoi abitanti, l’altro su una società divisa in caste di crescente opulenza, in cui ad ogni persona vengono imposte due ore di acquisti in sfavillanti ipermercati. Al centro delle due città, vi è un’area smilitarizzata nella quale fortuitamente i due protagonisti si conoscono e si innamorano. E il loro amore non si fermerà fine a sé stesso, ma porterà in entrambe le città lo sviluppo del seme della ribellione, che sarà poi il filo conduttore di tutto il racconto”

Marco, ci puoi spiegare perché questo titolo?

Il nibbio è un uccello rapace che vola in circolo, che guarda con sguardo vivo le sue prede e poi cade in picchiata per ucciderle e mangiarle. Con il nibbio, ho voluto indicare come si possa guardare con un occhio diverso e attento la realtà, che non sia l’occhio imposto dalle convenzioni e dall’omologazione. Il nibbio è colui che si guarda a raggiera intorno e che fa attenzione a ciò che avviene nel suo mondo.

Quando è nata l’idea di scrivere il Volo del nibbio?

L’idea è nata in un’estate piuttosto languida, senza troppo da fare, durante la quale sono partito da una considerazione guardandomi intorno, cioè che possono essere trovati da parte dei governanti (di ogni genere e natura) dei modi diversi per privare gli individui, i sudditi della loro libertà. Ispirato anche dalla visione del film Cloud Atlas, sono partito da questo assunto e ho deciso di svilupparlo in chiave originale.

Cosa ti ha maggiormente ispirato nella stesura del romanzo?

Durante la stesura sono stato ispirato soprattutto dai miei studi, dalle tante cose che avevo letto soprattutto legate a un certo filone di studi sociologici e filosofici, che vanno da Hannah Arendt con “Le Origini del totalitarismo”, alla sociologia di Goffman, secondo il quale l’uomo che è la funzione che ricopre. Penso che in questo romanzo sono riuscito a mettere molto di quello che studio ma anche molto del mio vissuto e delle mie passioni, visto che tra le tante fonti di ispirazione vi sono anche numerosi film e serie tv, anche molto mainstream.

Il filo rosso che lega l’intero romanzo è la storia d’amore tra Nike e Nilats. Quali sono le caratteristiche di questi due personaggi?

I due protagonisti in realtà sono accumunati da una caratteristica, cioè il fatto di essere ribelli, di guardare con occhio critico la realtà dei loro rispettivi mondi, dove giocoforza sono costretti a vivere. Lui è un soldato che scopre le imposture che avvengono all’interno del suo tirannico regime, mentre lei è una ribelle che rifiuta l’unica legge a cui tutti si devono attenere nella sua città, cioè quella del consumismo. Il punto di legame tra i due sarà l’area smilitarizzata, che lungi dal costituire una terra arida e priva di vita, rappresenta invece il vuoto costruttivo in cui i due protagonisti possono finalmente scoprire sé stessi e mettere in comune tutte le loro similitudini.

Il romanzo gioca molto attorno al tema dell’identità.

L’identità è uno dei temi più importanti del romanzo. Recentemente un docente di filosofia politica ha affermato che Ulisse nell’Odissea dovette fingersi Nessuno, che quindi si dovette spersonalizzare per salvarsi. Ed è proprio questo togliersi l’identità, cioè togliersi il nome, un tema ricorrente all’interno del romanzo, dove in realtà al di fuori dei protagonisti non appaiono nomi propri. Si tratta questa di una scelta precisa: quello che voglio dimostrare è come l’omologazione, eccessiva e spinta all’estremo, porti a una perdita di individualità e di identità da parte degli individui, che diventano solo la funzione sociale che ricoprono.

Nella fittizia città di Capitale Ovest, in cui abita Nilats, vi è un regime totalitario, in cui tutto il potere concentrato nelle mani del Supremo. Puoi dirci qualcosa su questa misteriosa figura?

Il Supremo in realtà è una citazione alla grande letteratura distopica e al quel filone che parte dall’orwelliano 1984, cioè il leader totalitario di cui abbiamo contemporaneamente rispetto e paura, colui che ci promette tutto il bene del mondo ma che dall’oggi al domani potrebbe toglierci tutto. Nel libro la peculiarità del Supremo è che non è mai stato visto di persona, il che contribuisce ad alimentare la sua aura semidivina. Egli ha al tempo stesso la caratteristica di poter designare dall’alto del suo potere assoluto, di giorno in giorno, chi saranno le vittime e chi saranno i carnefici, in modo tale che i sudditi si sentano sempre ricompensati se non vengono scelti tra le vittime, ma continuamente vulnerabili e soggetti al suo arbitrio assoluto.

Mentre a Edenia, città dove vive Nike, vi è una sola legge, quella del consumismo.

A Edenia al contrario è stata scritta una sola legge, chiamata la Legge Ferrea del Consumo, che impone alla popolazione ogni giorno due ore di acquisti in sfavillanti ipermercati. Ovviamente, questo consumismo viene imposto e reso desiderabile da un utilizzo massiccio della televisione e dei mezzi di comunicazione di massa, che dedicano la maggior parte del loro spazio alla pubblicità, con lo scopo di spingere le persone ad acquistare anche prodotti che non servono, per creare una società di persone totalmente indottrinate e uguali tra loro, che hanno come fine ultimo quello di una completa ed asfissiante omologazione.

Il volo del nibbio è il tuo primo romanzo. Ne hai altri in cantiere?        

Oltre a questo romanzo, ci sono tante idee in cantiere che voglio sviluppare. Tra queste, vi è una raccolta di racconti che è a buon punto, ne ho già scritti tre e sono in procinto di scrivere il quarto, che sarà probabilmente quello conclusivo della raccolta. Dopodichè vorrei tornare sul genere del romanzo, provando a portare avanti delle idee, sempre comunque sul filone della distopia.

A chi vuoi dedicare questo traguardo?

Ci sono tante persone a cui voglio dedicare questo successo. Innanzitutto ai miei nonni, che fin da piccolo mi hanno educato alla passione per la scrittura e per l’impegno civile; ai miei genitori, che mi stimolano ogni giorno per cercare di alzare sempre l’asticella dei miei traguardi; alla mia ragazza Nicoletta, senza la quale questo romanzo sarebbe rimasto impolverato chiuso in un cassetto; infine a tutti i miei amici, soprattutto alla grande famiglia che sono riuscito a creare a Forlì, che mi rende ogni giorno orgoglioso di quello che siamo riusciti a fare tutti insieme in questa bellissima terra.

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