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Il bivio del Pd

Deve decidere se ricostruire partendo da una proposta politica nuova, oppure se appoggiare un governo dei 5Stelle. A decidere dovrebbe essere la base

Il Pd è a un bivio. E può uscirne solo dopo una consultazione con la base. Un po’ come ha fatto la Spd tedesca.

 

I flussi elettorali parlano chiaro: una consistente fetta di elettori del Pd nell’ultima consultazione hanno virato sui 5Stelle. Secondo la sondaggista Alessandra Ghisleri sono stati un milione e 600 mila gli elettori che hanno fatto il salto della quaglia. Fanno parte di quella pattuglia di indecisi che, sempre secondo i sondaggisti, hanno deciso l’ultimo giorno. Quindi, teoricamente, sarebbe un voto ballerino.

Può o potrebbe il Pd riconquistarli tutti o in parte? Onestamente non lo so. Per quanto mi riguarda mi limito a registrare che quello che è successo nel Lazio (elezioni regionali) dimostrano che margini di manovra ci potrebbero essere. Sono molti i laziali (pare 250 mila) che, lo stesso giorno, nella scheda delle politiche hanno votato per un altro schieramento e in quella regionale per il centrosinistra. Quindi, verrebbe quasi da dire che, quello nazionale, è stato un voto contro Renzi.

 

Adesso però il Pd è a un bivio. Indubbiamente deve ricostruire. Ma partendo da dove? Dall’opposizione, oppure da un accordo con i 5Stelle? È proprio questa la domanda delle cento pistole.

 

Il quadro politico adesso è abbastanza chiaro. Nessun schieramento ha i numeri per governare. Quindi Salvini e Di Maio devono cercare alleati. È fuori di dubbio che, nel caso, il Pd avrebbe più sintonie con i 5Stelle. E questa, forse, è anche la soluzione che prediligerebbe il capo dello Stato che si deve preoccupare di dare un governo al paese. Non a caso le sirene pentastellate stanno cantando.

Ma al Pd converrebbe? Io non credo che sarebbe il modo migliore per ricostruire. Così, a naso, mi sembrano più gli aspetti negativi che non quelli positivi. Per come la vedo io serve ripartire dalle fondamenta con un seria proposta riformista e di centrosinistra. Una sorta di marxismo industriale, fatto di supporto alle aziende, ma anche di grande  interesse per i lavoratori e per le loro vicende. Il problema, dal mio punto di vista, è che se vuoi tracciare una linea politica non lo puoi fare stando in una alleanza di governo. Poco importa se fossero garantiti ministeri pesanti.

 

Però mi rendo conto che il Pd sarà di fronte ad una scelta complicata e che potrebbe provocare ulteriori lacerazioni. Per questo la decisione non dovrebbe essere presa né da un segretario, ma neppure da una direzione oppure da un gruppo parlamentare. La valutazione dovrebbe essere fatta dalla base. Così come ha fatto l’Spd in Germania.

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