Mi sembra un po' presto per il de profundis. Però deve ripartire guardando (non imitando) Jeremy Corbyn e con una diversa strategia di comunicazione
Non sono d’accordo con chi, come Marzio Casalini, ha già recitato il de profundis per il Pd. Certo, l’ex partitone, non sta bene per niente. Ha moltissime difficoltà, ma non lo considero un malato terminale. È però vero che la possibilità di perdere il Comune è reale. Il problema però non è soprattutto locale. Anche se, pure da queste parti, sono stati fatti errori.
Ma il problema principale è a livello nazionale. È lì che il Pd ha perso identità. Si è scollato con la sua base. Ma non è finito. Secondo me questa situazione è molto simile a quella del 1976 quando il Psi era al minimo storico. Invece, dopo qualche anno, tornò di nuovo protagonista. Ma non per grazia ricevuta. Il partito scelse una leader forte e una politica chiara e poi, favorito anche dal fallimento del dialogo fra Dc e Pci, tornò protagonista.
E, adesso, il Pd avrebbe bisogno di fare altrettanto. È chiaro che il leader non potrà essere Renzi. Innanzitutto perché è il principale colpevole del crollo del Pd. E dopo simili sconfitte non si torna in sella. In secondo luogo perché non ha nel suo dna quelle politiche che il partito deve tornare ad abbracciare: politiche di sinistra. Non dico si debba prendere esempio da Jeremy Corbyn, ma quasi.
Sul cosa fare mi sembra interessante l’analisi fatta da Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera. Ritiene che un partito di sinistra debba iniziare dal contrastare qualunque visione omogeneizzatrice della società esistente per affermare, viceversa, l’immagine assai più veritiera di una società profondamente segmentata, con faglie di ineguaglianza profonde, attraversata da visibili contraddizioni. Il che comporta poi nell’azione non solo e non tanto scendere in campo contro dei nemici politici, ma innanzitutto indicare geografie sociali da modificare, meccanismi nuovi da adottare, attori sociali da contrastare e altri da favorire. Va inoltre considerato che chi vuole una realtà diversa (questo però, a mio avviso, vale per che tutti) non dovrebbe poter fare a meno di disegnare il futuro riallacciandosi passato. Insomma, innovare nella continuità.
Ci sono poi stati errori di comunicazione. E di questi ne ha fatti tanti anche il livello locale. Innanzitutto è stata colpevolmente abbandonata la presenza in piazza. Quella che garantisce il contatto diretto con le persone. Poi sono stati snobbati i social network. A partire da Facebook.
Nell’ultimo periodo mi capita sembra più spesso di frequentare (per lavoro o amicizia) qualificati esperti di comunicazione molto accreditati a livello nazionale. Mi hanno spiegato che sfruttare la rete è fondamentale per l’attuale comunicazione. A partire da quella politica. Bisogna evitare di darle troppa importanza, ma non può certo essere ignorata. Soprattutto nel momento in cui si rinuncia a frequentare la piazza reale.
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