Nel marzo del 2016 i tg nazionali piazzarono le telecamere sotto un silos nel sud della Sardegna. In cima c’erano alcuni operai, che protestavano per la chiusura della fabbrica. Era l’Alcoa, l’unico stabilimento italiano che produce alluminio. A due anni di distanza, l’Alcoa torna a far parlare di sé: sarà la prima società industriale italiana in cui verrà istituito il consiglio di sorveglianza, inoltre ai dipendenti andrà una quota del 5% della società, che di recente è stata acquisita dal gruppo svizzero Sider Alloys.
I consigli sono diffusi in altri Paesi, in particolare in Germania, e consentono ai lavoratori di partecipare, in taluni casi di intervenire, su scelte importanti che riguardano l’impresa. La notizia dell’Alcoa è stata accolta con cautela da parte sindacale, in attesa di capire come si svilupperanno le novità annunciate. I dipendenti della fabbrica di Portovesme hanno dimostrato grande attaccamento in questo difficile periodo e sembra che la loro presenza nel consiglio di sorveglianza sia una sorta di riconoscimento del loro senso di responsabilità. Sarà molto interessante valutare quali poteri in concreto avranno i rappresentanti dei lavoratori e che uso faranno di questo strumento.
Così come la compartecipazione agli utili aziendali apre nuovi scenari anche sul fronte economico. Quando si legge che in altri Paesi europei esperienze analoghe sono in atto da decenni – pare con un certo successo, anche se in merito si leggono opinioni contrastanti – fa riflettere il ritardo che ancora una volta trattiene l’Italia da qualunque tipo di cambiamento. Parola che non è sempre sinonimo di miglioramento (anzi) ma che sembra spaventare, prima di ogni altra cosa.
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