Dell'ultima frontiera dell' offerta turistica ne parla l'avvocato Enrico Sirotti Gaudenzi
I condohotel sono l’ultima frontiera dell’offerta turistica. Servono? Ne parla Enrico Sirotti Gaudenzi, avvocato esperto del credito.
È in arrivo dalla Regione il regolamento attuativo per la realizzazione e gestione della nuova tipologia ricettiva che permette di destinare parte delle camere degli hotel a unità abitative da mettere sul mercato privato.
Dopo il collasso delle multiproprietà che non vuole più nessuno e che, in taluni casi, hanno costretto parecchi proprietari a rinunciare addirittura alla proprietà perché divenuta troppo onerosa per tasse e spese di gestione mostriamo cautela nei confronti di questa nuova tipologia ricettiva che potrebbe realmente funzionare solo nel caso in cui la ripresa del mercato immobiliare registrasse una enorme impennata e che –probabilmente – procurerà solo una effimera ripresa del settore, come si è già dimostrato, peraltro, in altri paesi dove questo modello è già presente da diversi anni.
Un Condohotel è un condominio gestito alla stregua di un hotel, che offre affitti a breve termine, e che mantiene una reception e tutti i servizi (costosi) propri di un albergo.
Questi hotel hanno unità condominiali che permettono a chiunque di possedere una casa di vacanza a servizio completo e, quando i proprietari non utilizzano l’immobile, possono sfruttare il marketing e la gestione della catena alberghiera per affittare e gestire l’unità condominiale come avverrebbe con qualsiasi altra stanza d’albergo (dietro la cessione di una percentuale, spesso importante, sui canoni riscossi).
Gli aspetti negativi che presenta tale realtà, purtroppo, sono tanti: spese, obblighi di rispettare regolamenti dettagliati per l’utilizzo dei locali acquistati, impegno a concederli in locazione quando non si utilizzano, percentuali sui canoni di locazioni che devono essere lasciate alla struttura e condizioni contrattuali spesso e volentieri “vessatorie” per il privato acquirente.
Proprio le condizioni presenti nei contratti di acquisto delle camere, spesso e volentieri, sono alquanto limitative del diritto di proprietà prevedendo in taluni casi– per i periodi di non utilizzo del bene – l’obbligo di metterlo a disposizione della struttura per poter locare i periodi inutilizzati.
Soffermiamoci un attimo sulla normativa. Il Condohotel esiste già; il recente decreto del Governo non ha inventato proprio nulla! Casomai ha regolarizzato meglio la fattispecie classificando come albergo l’attività che veniva svolta in altre strutture. La disciplina dei Condohotel, infatti, è già prevista dal decreto “sblocca Italia” del 12 settembre 2014 poi convertito in l. n. 164/2014 ed tale modello esiste già in Italia: il primo fu realizzato a Chianciano Terme nel 2005 ed il secondo a Milano.
Il recente provvedimento, visto con occhio critico e prudente, potrebbe andare svilire il tessuto alberghiero italiano e danneggiare tutte le altre strutture (i B & B, gli affittacamere, ecc.) anche se è stato visto in modo molto favorevole da parte di Federalberghi in quanto offrirebbe un possibile ed immediato ritorno di liquidità per i tanti albergatori che devono rinnovare le loro strutture.
L’articolo 3 del recente decreto definisce il Condohotel come “un esercizio alberghiero aperto al pubblico, a gestione unitaria, composto da una o più unità immobiliari ubicate nello stesso comune o da parti di esse, che forniscono alloggio, servizi accessori ed eventualmente vitto, in camere destinate alla ricettività e, in forma integrata e complementare, in unità abitative a destinazione residenziale, dotate di servizio autonomo di cucina…“.
Proprio per questo si potranno avere camere di proprietà sia nell’albergo che in immobili residenziali o in parti dell’albergo convertite in case con la previsione di procedure semplificate per il cambiamento della destinazione urbanistica di parte degli alberghi e l’autorizzazione a svolgere attività alberghiera in “case“.
Il decreto prevede anche la possibilità di gestire l’attività alberghiera in diverse case anche di diversi proprietari e in strutture che non sono situate solo all’interno dell’albergo; così facendo un albergatore potrebbe aumentare la sua capacità ricettiva aggregando all’albergo case ed appartamenti situate nelle immediate vicinanze (fino a 200 metri dalla portineria).
Un esempio significativo di Condohotel ci viene offerto dalla Florida; qui tali strutture hanno rivoluzionato il panorama turistico del Paese diventando in pochi anni un modello per tutti gli operatori mondiali.
Dal 2010, però, la crisi immobiliare ha letteralmente bloccato il mercato e quel modello inizialmente fiorente ha riscontrato una enorme frenata con vendite addirittura a prezzo di realizzo; in questo caso il Condohotel si è rivelato come l’uovo di Colombo che ha rimesso in moto solo per un attimo il mercato dell’immobiliare turistico, crollato anche a seguito dell’attentato alle torri gemelle, per poi rivedere paralizzato l’intero comparto.
Speriamo che nel nostro Paese – dove il vacanziere oggi è alla ricerca di pacchetti a basso costo sacrificando anche la durata dei propri pernottamenti – questo non si verifichi ma il risparmiatore/investitore italiano ha sempre mostrato diffidenza nei confronti di nuovi “modelli” per l’acquisto di proprietà immobiliari (anche relativamente alle case vacanze) prediligendo la tradizionale e classica proprietà; inoltre, in un contesto dove le imposte ed i costi di gestione consentono a mala pena di mantenere la prima casa, in mancanza di provvedimenti concreti che agevolino realmente la ripresa del mercato immobiliare e del turismo, anche questa nuova realtà troverà – per tutti i costi ad essa connessa – difficilmente successo.
Questo post è stato letto 192 volte