Site icon Romagna Post

Il “tormentone” che portò il nome di Forlì in giro per il mondo

Ogni estate che si rispetti ha i suoi bravi tormentoni musicali, le canzoni che segnano la stagione più spensierata dell’anno, il momento delle vacanze e del relax dalla routine.

Un tempo le canzoni di successo non si bruciavano in poche settimane come avviene oggi. Accadde così che, per alcuni anni, il nome della città di Forlì, contenuto nel titolo e nel ritornello di un motivo di successo, fece il giro della Penisola, finendo sulla bocca di tutti, fischiettato e cantato dalle Alpi alla Sicilia.

Quando la canzone di cui scriveremo fu pubblicata per la prima volta, da appena due anni era terminata la terribile guerra mondiale che aveva funestato l’Italia e l’Europa per oltre un lustro e gli italiani respiravano ottimismo e fiducia nel futuro, travolti da un condiviso spirito di ricostruzione. La canzone in questione è la celeberrima “Eulalia Torricelli di Forlì”, un brano musicale che lo scorso anno ha compiuto la bellezza di 70 primavere. Questo valzer allegro e popolare, caratterizzato da un fortunatissimo testo, quasi metafisico nella sua demenzialità, nacque sull’onda del disimpegno e della voglia di tornare a vivere. A scriverlo fu Nicola Salerno (Napoli 1910-1969), in arte Nisa, paroliere di musica leggera, noto soprattutto per la sua collaborazione con Renato Carosone. E nel ritornello di “Eulalia Torricelli” il riferimento al grande cantante e musicista napoletano è diretto quando al nome di Giosuè il coro risponde “Uè!”.

La canzone ottenne un successo tale da essere ricordata e cantata ancora oggi e non solo a Forlì. Alberto, figlio di Nicola Salerno, oltre a essere da quarant’anni marito della discografica Mara Maionchi (celebre volto televisivo di X Factor), ha intrapreso la carriera paterna ed è anch’egli paroliere e produttore discografico, noto per aver scritto il testo del brano “Io vagabondo”, incisa dai Nomadi, e di altri grandi successi della musica italiana tra cui “Bella da morire” degli Homo Sapiens o “Terra promessa” di Eros Ramazzotti, entrambi vincitori del Festival di Sanremo, “Lei verrà” e “Bella d’estate” di Mango e tante altre ancora.

A proposito di “Eulalia Torricelli di Forlì” (in alcune versioni “da Forlì”) ha scritto Alberto Salerno:

«Il brano esprime tutta la gioia che si poteva avvertire allora, a pochi anni dalla fine della guerra. Gli autori, Olivieri, Redi e mio padre Nisa (pseudonimo che mio padre, usava per firmare i suoi testi), sicuramente si sono divertiti da matti a inventare questo pezzo, che se vogliamo è un antesignano del genere bislacco che poi avrebbero proposto Freak Antoni e Elio e le Storie Tese.

La canzone ha avuto diversi interpreti, cosa che era di normale amministrazione allora, ma chi davvero la lanciò fu il Quartetto Cetra. La cosa più divertente di questa canzone, a parte il testo e la leggerezza affascinante della melodia, è un fatto davvero insolito al quale è legata. Accadde, infatti, che all’uscita del brano si scoprì che esistevano realmente due persone che vivevano in Romagna, e che si chiamavano proprio Eulalia Torricelli e De Rossi Giosuè, che per chi non conosce il testo della canzone, erano i protagonisti della storia.

Mio padre che, per evitare problemi legali, corse subito ai ripari scrivendo un prologo che Olivieri e Redi si affrettarono a musicare. Sembra incredibile, ma le cose sono proprio andate così.

Sul web si trova scritto che questo fu il primo successo di Nisa, ma non è vero. Mio padre aveva già fatto parecchi successi come “La strada nel bosco” dedicata a mia madre, “Bambola rosa” e “ Bambina dall’abito blu“. Certo, non era già un veterano, ma nemmeno un principiante!».

Ed ecco il testo originale e completo di “Eulalia Torricelli di Forlì” (D.Olivieri, Nisa, P.Redi, Ed.Suvini Zerboni, 1947):

I personaggi di questa canzone / ve li hanno inventati gli autor.

Se c’è attinenza con delle persone, / scusate gentili signor.

 

Qui si parla di una tale / che baciar una sera si fe’

da una guardia forestale / il cui nome è De Rossi Giosuè.

 

Voi non la conoscete, / ha gli occhi belli.

Chi? / Eulalia Torricelli di Forlì.

 

Voi non la conoscete, / ha tre castelli.

Chi? / Eulalia Torricelli di Forlì.

 

Un castello per mangiare, / un castello per dormire,

un castello per amare, / per amare De Rossi Giosuè.

 

Voi non la conoscete, / ha gli occhi belli.

Chi? / Eulalia Torricelli di Forlì.

 

Seconda parte, secondo programma. / Eulalia riposo non ha.

Dice a De Rossi: “Parliamone a mamma”. / Ma l’altro risponde:”Va là!”

 

Poi la cosa si ingarbuglia / si ingarbuglia e sapete perché?

Con il treno che va in Puglia / è partito De Rossi Giosuè.

 

Vuole morire Eulalia Torricelli. / Uè!

E mangia i zolfanelli / di Giosuè.

 

Fa testamento / e lascia i tre castelli.

A chi? / A chi non ha castelli come me!

 

Un castello lo dà a Nisa. / Un castello lo dà a Redi.

Un castello, ma il più bello, / al maestro Olivieri lo dà.

 

Poi dolcemente chiude / gli occhi belli.

Chi? / Eulalia Torricelli di Forlì.

 

L’avvio è quasi un’introduzione cinematografica in cui l’autore mette le mani avanti: ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale. Quando Nisa parla di castelli che a Forlì e dintorni sono effettivamente numerosissimi questo dettaglio è invece ben attinente alla realtà.

La canzone narra in tono scherzoso l’amore sfortunato di una ricca ragazza di Forlì proprietaria di tre castelli a Forlì, per un tale Giosuè, guardia forestale. Abbandonata dall’amato (partito in treno per la Puglia), la giovane è disperata e, inghiottendo gli zolfanelli lasciati da Giosuè, mette in atto un’inconsueta forma di suicidio. In chiusura Nisa trovò anche il modo di citare se stesso e gli altri autori del brano, nominandoli come eredi della bella Eulalia: “Un castello lo dà a Nisa, un castello lo dà a Redi, un castello, ma il più bello, al maestro Olivieri lo dà”. Questo espediente è del tutto inconsueto. Infatti, poteva capitare che in un testo fossero citati gli esecutori (ad Alberto Rabagliati capitò spesso, ad esempio in “La famiglia canterina”, “Quando canta Rabagliati” o “Quando la radio”) ma mai prima di allora gli autori.

Tutti e tre gli autori del brano erano già sulla breccia: nel 1937 Dino Olivieri aveva composto, insieme a Nino Rastelli, “Tornerai”, brano che sarebbe stato ripreso anche da Bing Crosby e Frank Sinatra. Nello stesso anno Gino Redi e Nisa avevano ottenuto una discreta fama con “La bambola rosa” e nel 1943 l’accoppiata Redi-Nisa bissò il successo con la romantica “Notte e dì”.

A cantare le gesta della bella forlivese suicida per amore fu il torinese Gigi Beccaria (interprete tra gli altri di “Dove sta Zazà”, brano anch’esso cantato in seguito da Gabriella Ferri, come “Eulalia Torricelli”) il quale, poco dopo questo grande successo, decise di dare l’addio alle scene per aprire un’azienda di prodotti di bellezza.

Resta negli annali l’interpretazione ironica che diede di “Eulalia Torricelli” il Quartetto Cetra in uno dei primi spettacoli musicali della neonata RAI TV. In tale occasione il brano fu messo in scena come una vera e propria operetta, antesignana delle parodie che qualche anno più tardi sarebbero state al centro di “Biblioteca di Studio Uno”.

Come già accennato, nel 1973, in uno show televisivo da lei stessa condotto, fu la cantante romana Gabriella Ferri, vestita da malinconico clown, a proporre la propria versione di “Eulalia Torricelli”, accentuandone le coloriture drammatiche e trasformando il tempo da valzer a foxtrot lento.

 

Questo post è stato letto 219 volte

Exit mobile version