Dell'amore pervla natività Pier Giorgio Poeta ne parla in un'intervista con Jacopo Rinaldini
Pier Giorgio Poeta è un politico di lunga data. Per anni è stato una delle due anime di Rifondazione comunista. Personalmente l’ho sempre apprezzato per come intendeva e faceva politica. Adesso continua ad impegnarsi nel mondo della sinistra. Però, oltre alla politica, ha un’altra grande passione: i presepi. Di questa attività ne ha parlato in un’intervista concessa a Jacopo Rinaldini, suo delfino nel mondo della politica.
CESENA – Pier Giorgio Poeta è mio amico, oltreché un compagno. Non ho mai nascosto la stima che provo nei suoi confronti. C’è una passione, che porta avanti con costanza e competenza, la quale mi incuriosisce. Non è unicamente una passione, un passatempo che allieta le giornate, bensì si tratta di una forma d’arte. Il mezzo con cui esprime il talento che possiede e dà concretezza alla sua fantasia. Non dipinge su tela. Dipinge polistirolo. Non scolpisce il marmo. Scolpisce coppi vetusti crepati dal sole di cent’anni. E’ un presepista, un virtuoso della rappresentazione iconografica della Natività.
E’ seduto accanto a me, sorridente. Mi sta mostrando le sue ultime, bellissime, creazioni.
Case, casolari, “ruderi”, carretti finemente riprodotti. Quei mattoni, quei portici, quella frutta appesa, quella carne in fase di essicazione sembrano veri. In parte lo sono, poiché gli stessi sono creati con materiale di recupero: calcinacci, coppi, ferri vecchi, legno proveniente da chissà quale infisso.
Inizio col domandargli da quanto tempo pratichi l’arte presepistica.
“A livello amatoriale, da sempre; come professionista da alcuni anni – risponde -. E’ una parte di me che intendo mantenere viva, un frammento d’infanzia a cui non voglio rinunciare. Si tratta di una rappresentazione statica di un evento che ha un valore travolgente per chi è credente”. Forse, aggiungo io, anche per coloro i quali non lo sono. Quel bambino è tutti noi. Non ha nazionalità, non è “patrimonio” o “vanto” di questo o quel Paese.
“Cerco di tradurre in realtà l’idea nata dall’estro, dall’ispirazione. E’ l’energia che si cela dietro l’aspetto artistico, che fa sì che io continui a realizzare presepi. Una forza, la quale non è un mero esercizio fine a se stesso, non si tratta di ostentare nulla;
il mio intento è quello di suscitare emozioni in chi osserva le mie opere, a prescindere dal credo”. Da come parla, dal tono, si capisce che ama profondamente quello che fa e ne va orgoglioso.
“Ho provato una indescrivibile sensazione di contentezza la prima volta che mi hanno domandato di esporre un presepe fatto da me. Una delle mie esposizioni più importanti è quella de ‘Longiano dei Presepi’: rammento che per una edizione misi in essere, in otto mesi di lavoro, un presepe di quindici metri quadri, il quale è tuttora esposto nelle grotte di palazzo S. Girolamo. Ogni anno, viene modificato e ampliato”.
C’è dell’altro. Il nostro breve incontro sta volgendo al termine, eppure ha un’ultima cosa da dirmi prima di congedarmi: “Vedi, sono i messaggi che danno valore all’opera. Ce n’è uno in particolare che è come se non venisse colto dai più, ormai: quello dell’accoglienza. Ultimamente, ci si limita ad osservare, ma non si va in profondità. La Natività è, sopra ogni cosa, un’immagine che richiama l’ ‘accogliere’, il non voltare le spalle”.
Sì, Pier, hai ragione. Natività significa “esserci” per l’altro, sostanzialmente. Esserci cristianamente (per chi lo è) o umanamente.
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