Post di Gian Paolo Castagnoli sulla libertà di stampa
È più lungo del solito, ma estremamente interessante il nuovo post che Gian Paolo Castagnoli ha pubblicato. Parla della libertà di stampa.
“E’ così che muore la libertà: sotto scroscianti applausi”. Sono le parole pronunciate da Padmé Amidala, un personaggio del film “Guerre Stellari”, nell’episodio “La vendetta dei Sith”. Mi hanno sempre colpito e, nonostante possa sembrare semplicemente una battuta ben riuscita di una produzione cinematografica di fantascienza, l’ho sempre ritenuta una riflessione estremamente reale. Altro che fantascienza! La storia ci insegna quanto sia vero. E adesso, purtroppo, anche l’attualità.
Prendo in prestito quella frase per fare una riflessione sull’annuncio dato da Vito Crimi, uno dei pionieri del Movimento 5 Stelle, durante la festa pentastellata che si è tenuta nei giorni scorsi a Roma. Mostrando con grande orgoglio una slide sul maxi schermo, ha detto che un altro sogno dei 5 Stelle sta per avverarsi: l’abolizione del Fondo per l’editoria. Quelli di cui ha parlato Crimi sono i finanziamenti pubblici destinati a giornali editi da cooperative: per lo più si tratta di giornali locali, in qualche caso “di settore”, ma non mancano storiche realtà di respiro nazionale, come “Avvenire”.
L’azzeramento dei contributi, annunciato per il 2020, dopo un dimezzamento previsto nel 2019, significa condannare molti alla chiusura. Ne parlo con un pizzico di ritrosia, perché la questione tocca anche il quotidiano per cui lavoro da ormai vent’anni, il “Corriere Romagna”, e per come sono fatto mi infastidiscono le parole e le azioni che qualcuno potrebbe pensare siano dettate da calcoli o interessi personali. Ma in questo caso faccio un’eccezione, perché – credetemi – per quanto io ami il mio lavoro e ci tenga, qui in gioco c’è molto, molto ma molto di più. Non è un caso che un allarme rosso sia stato lanciato da tante voci del mondo dell’informazione che non sono direttamente interessate da quella misura annunciata in modo tanto superficiale quanto arrogante.
In quello che ha detto Crimi e nei numeri che ha mostrato c’è una quantità sconvolgente di imprecisione, figlia della solita propaganda. Le cifre mostrate relative alle risorse stanziate nel corso degli anni per il Fondo per l’editoria sono completamente fuorvianti, perché sono state superate da tagli pesanti che sono stati fatti negli ultimi anni e da nuove regole che sono state introdotte. Insomma, raccontano un mondo che non c’è più. Certi abusi, che le cooperative editoriali sane hanno denunciato per prime, chiedendo di porvi fine (per esempio, l’esistenza di giornali e riviste che di fatto erano virtuali, cioè non avevano una reale diffusione, ma erano nati solo per prendere finanziamenti) non sono più possibili. E infatti i beneficiari dei contributi sono un terzo rispetto a quelli di qualche anno fa. Così come si sono più che dimezzati i soldi totali messi a disposizione. Ma queste considerazioni tecniche, così come la stima per cui la mossa pensata dai 5 Stelle farebbe perdere 10.000 posti di lavoro, sono tutto sommato secondarie.
Il vero dramma, ancora una volta, è la visione che sta dietro quella scelta. Il pluralismo non viene considerato un pilastro della democrazia, anzi viene considerato un fastidio di cui liberarsi. Così come c’è una chiara volontà di colpire tutti i cosiddetti corpi intermedi, quelli che occupano lo spazio esistente tra i singoli individui e chi esercita il potere, e che sono sempre stati baluardi di quei sistemi democratici e liberali su cui si è sviluppata quella civiltà europea che oggi molti sono tentati di demolire, dimenticando quali sono state le alternative mostruose che la storia ci ha consegnato pochi decenni fa.
L’informazione è uno di quei principali corpi intermedi, di quei mediatori (non a caso si parla di mass media), che non piacciono a chi vorrebbe un sistema basato su uno pseudo rapporto diretto tra il potere e il singolo cittadino, con il primo che avrà (anzi in parte ha già) gioco facile a manipolare il secondo. E il cittadino, davanti al proprio smartphone che gli fa credere di contare qualcosa grazie allo sfogo che può fare sul suo social preferito, anche se riesce a non farsi manipolare, non ha alcuna forza per reagire e per incidere nelle scelte, perché è un isolotto in mezzo all’Oceano, a cui si dà l’illusione che sia bello questa sua unicità distaccata dal resto del mondo. E’ un po’ come quando si mostrano piccoli paradisi tropicali sui cataloghi delle agenzie viaggi, ma poi pensandoci bene, a parte trascorrerci un paio di settimane, chi ci starebbe davvero tutta la vita?
Ci sarebbero tante altre cose da dire sul Crimi-pensiero, e conto di farlo nei prossimi giorni, ma il vero nodo è proprio questo: smantellare il Fondo per l’editoria significa ridurre la pluralità di voci e quindi comprimere la libertà e la democrazia, raccontando subdolamente che invece si accrescono la libertà e la democrazia, perché in realtà i giornali sono al soldo del potere. Non solo quella narrazione è falsa, e ve lo dice uno che passa buona parte della propria vita dentro le redazioni e sa quanto siano fuori dal mondo le convinzioni di chi immagina che le notizie siano pilotate o scritte per favorire o danneggiare Tizio e Caio. La vera assurdità è che i bersagli dell’azzeramento del Fondo per l’editoria sono realtà che hanno ben pochi legami con il potere e la famosa “casta” e invece sono quotidianamente legati a doppio filo con le comunità locali che cercano di raccontare nel migliore dei modi, tra mille difficoltà e – vi assicuro – con tanta fatica di chi ci lavora e ben poche gratificazioni economiche, alleviate solo dalla passione per ciò che si fa e dalla convinzione che sia importante.
E allora dopo l’amaro monito di Padmé Amidala nell’universo di “Guerre Stellari”, mi preparo a contrastare con tutta l’energia che ho, qui sul pianeta Terra, che ho la mossa annunciata da Crimi. Non ho sofisticate armi laser con cui difendermi, ma solo le armi della ragione e del dialogo, che oggi sembrano molto spuntate. Ma proverò a usarle al meglio. E chiedo a tutti di darmi una mano a combattere questa battaglia, convintissimo che sia una battaglia decisiva non per me, non per il giornale per cui scrivo, ma per ciascuno di noi e per il futuro della nostra democrazia, sempre più traballante.
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