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Cesena chiama Abruzzo

Il risultato delle elezioni abruzzesi di certo rinfranca il centrosinistra cesenate che ha cercato di battere una strada simile

Dall’Abruzzo arrivano segnali chiari, chiarissimi. È ancora presto per dire inequivocabili, ma, di certo, l’esito delle elezioni regionali ha indicato una tendenza: stravince il centrodestra a trazione leghista, crollano i 5Stelle, cresce il centrosinistra dove, però, il Pd continua ad avere dei problemi. Però, ha ragione Legnini, candidato del centrosinistra in Abruzzo, quando dice che ha indicato una via, ovvero che il Pd non è autosufficiente e non può essere l’asso pigliatutto della coalizione.

È la strada che ha battuto anche Lattuca a Cesena. In pochi forse lo ammetteranno, ma erano in tanti che a Cesena guardavano con interesse all’andamento della elezioni in Abruzzo. Non tanto per l’esito finale. La vittoria del centrodestra era data per scontata. Forse non in modo così netto. I fari, invece, erano puntati sulla coalizione di centrosinistra. E, anche da quella, crescita a parte, sono arrivati segnali molto chiari.


Innanzitutto che serve un candidato credibile. E Legnini lo era. Poi che è necessaria una coalizione allargata. E quella abruzzese lo era. Però non va tutto bene madama e la marchesa. Se così fosse stato la coalizione avrebbe conquistato molti più voti in uscita dai 5Stelle. Quelli, invece, hanno svoltato in direzione di un centrodestra che adesso ha sicuramente un’anima molto più di destra. Questo, dalle elezioni abruzzesi, emerge in modo chiaro.

Quindi? La strada è abbastanza chiara: fare una politica moderata e di sinistra. Soprattutto una politica fatta di concretezza. È inutile rincorrere Salvini e la Lega sulla demagogia. La scelta cadrebbe sull’originale. Poi non è vero che le scelte concrete non sono popolari. La ricetta è molto semplice: creare ricchezza e redistribuirla più equamente possibile.

Molto di tutto questo, sia chiaro, passerà però dalle scelte del Pd che, per quanto in difficoltà, resta di gran lunga l’azionista di maggioranza. Un Pd che, però, ha faticato molto, troppo, a metabolizzare la sconfitta del quattro marzo. A un anno di distanza farà le primarie (era ora) che dovranno essere però un vero punto di svolta. Servirà discontinuità con il passato. Non tanto (o non solo) nei nomi, ma nei fatti. Nelle scelte. Sabato scorso Zingaretti e Martina hanno partecipato al corteo organizzato a Roma dai sindacati. Finalmente. È un passo nella giusta direzione, ma deve essere interpretato solo come l’inizio di un percorso. Serve molto di più della partecipazione ad un corteo.

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