La campagna elettorale non decolla. Si trattano sempre i soliti argomenti e senza soluzioni innovative. Un esempio: la tassa di soggiorno, un falso problema
La campagna elettorale continua ad essere deludente. Per il momento è stata una sorta di copia incolla non solo di quelle precedenti, ma del dibattito degli ultimi anni. Una dimostrazione arriva dalla tassa di soggiorno. Prevedevo che fosse tirata in ballo, ma mi auguravo di sbagliarmi. Invece no. È arrivata puntuale la proposta di cancellazione. Se fosse stata fine a se stessa, pur non condividendola, l’avrei capita. Ma la motivazione proprio non mi convince: togliere la tassa di soggiorno per incentivare il turismo. No, l’approccio è sbagliato.
Chi mi conosce sa che lo sostengo (e lo scrivo) da tempo: la tassa di soggiorno non incide sul turismo. Innanzitutto perché è applicata in tutte le località (non solo italiane) e che con livelli anche maggiori. È un tema sul quale mi sono interrogato più volte e sul quale ho fatto anche dei mini sondaggi. Non pesati, per carità. Nessuno però mi ha detto che quando sceglie una destinazione si interessa sulla eventuale presenza della tassa di soggiorno. Anche perché, diciamo la verità, a Cesena e per una famiglia media (padre, madre e due figli) incide per quattro euro al giorno. Pensate veramente che possano influire sulla scelta della località?
Inoltre, io credo, si debba partire da un presupposto: il turista che potrebbe essere interessato a venire a Cesena (massimo un fine settimana) è di quelli che ha una capacità di spesa medio alta.
Invece la tassa di soggiorno potrebbe essere trasformata in una tassa di scopo. Utilizzarla per migliorare quella offerta turistica che si vuole potenziare. Innanzitutto per fare un ascensore o una scala mobile che colleghi piazza del Popolo con la rocca, oppure per finanziare il museo della città. Ma anche per supportare la promozione. Perché, sia chiaro, per aumentare le presenze turistiche serve spendere. Come è necessario andare nel portafoglio per avere più mostre.
Perché, è dimostrato: senza lilleri non si lallera. Lo so, in campagna elettorale c’è l’abitudine di promettere tutto è il contrario di tutto. Legittimo, ma, fino a un certo punto. Prima di tutto, si dovrebbe partire dal bilancio. Servirebbe spiegare quale politica di bilancio si intende applicare. Con quale percentuale di avanzo primario si intende lavorare? Quale dovrà essere l’indebitamento? Quanto dovrà incidere il bilancio ordinario? Il personale quanto dovrà pesare? Quale dovrà essere la quota di investimenti e, su di essi, quale dovrà essere la quota delle manutenzioni? Con quali accantonamenti si intende lavorare?
Ecco, queste sono domande né di destra, né di sinistra. Adesso, se non sbaglio, va di moda così. Però sono fondamentali per capire quanto e quale margine di manovra ci potrà essere per fare le proprie scelte politiche?
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