Di sua iniziativa ha ulteriormente valorizzato il vicolo che da via Cesare Battisti porta ai giardini di Serravalle
Sandra Canduzzi la conosco, ma non benissimo. Ho approfondito la sua conoscenza quando ho collaborato, assieme a molti altri autori, a Prove d’amore, libro che hanno curato lei e Elide Giordani il cui incasso è stato devoluto a restaurare alcuni antichi codici della Malatestiana.
In quella occasione ho scoperto donna che innanzitutto ha una grandissima facilità di scrittura, che è un’ospite eccezionale, che ha stile (essendo arredatrice non potrebbe essere altrimenti) e, soprattutto, è un vulcano di idee. Ha passionalità e si entusiasma e non risparmia energie per tutto quello che fa.
Adesso ha griffato una nuova iniziativa. Dopo aver rimesso a nuovo il vicolo che da via Cesare Battisti porta ai giardini di Serravalle, ha fatto qualcosa che rende ancor più bella e vivace quella parte di città.
Il progetto si chiama “La storia di Cesena sfila in bicicletta” ed è stato approvato dall’assessorato alla Cultura. Si compone di vari pannelli di Obs, applicati al muro e dipinti da Stefano Natali. Ha immortalato figure storiche non solo di cesenati, ma anche di persone che hanno avuto contatti più o meno frequenti con Cesena. Tutti sono in sella a una bicicletta. Si tratta di: Dante Alighieri con in mano la Divina Commedia da cui sono tratte le parole che descrivono Cesena “E quella cu’ il Savio bagna il fianco, così com’ ella sie’ tra ‘l piano e ‘l monte, tra tirannia si vive e stato franco”; Papa Francesco che l’anno scorso è venuto in visita a Cesena; Leonardo Da Vinci arrivato in città a cavallo; Violante Malatesta, Novello Malatesta, Umberto Eco che ha presentato all’Abbazia del Monte “Il nome della Rosa”, Fra’ Michelino, Renato Serra, Don Baronio, Roberto Benigni che porta sul manubrio Nicoletta Braschi, Ilario Fioravanti, Marco Pantani, Mariangela Gualtieri e Bruchin, indimenticato poeta dialettale.
Siccome è una cosa che Sandra Canduzzi ha fatto senza secondo fine ed esclusivamente per amore della sua città c’è solo una cosa da dire: chapeau.
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