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Il 2 agosto ho visto l’inferno

Commovente testimonianza di Ugo Vandelli che 39 anni fa era in servizio alla stazione di Bologna

Il 2 agosto ero là e ho visto l’inferno… Il mio ricordo dopo trentanove anni dalla strage alla stazione di Bologna. Per non dimenticare! Questo l’incipit della testimonianza di Ugo Vandelli, già sostituto commissario della Polizia di Stato, giornalista pubblicista, segretario generale provinciale Forlì Cesena USIP (Unione Sindacale Italiana Poliziotti).

Sabato 2 agosto 1980. All’epoca ero un giovane brigadiere di pubblica sicurezza, comandante del quarto plotone allievi del Centro Addestramento Polizia Stradale di Cesena. Ricordo che in quell’afosa mattinata estiva ero impegnato nelle attività di formazione del personale. Alla scuola tutto il personale istruttore e frequentatore il corso della polizia stradale attendeva con impazienza il termine delle varie attività didattiche, nelle quali era impegnato, prima di essere posto in libertà: ed io, come tanti altri colleghi, avrei passato il fine settimana con la famiglia a Cesenatico. Il nostro mare.

Ugo Vandelli

All’improvviso, come una nuvola a ciel sereno, erano circa le undici, fu comunicata tramite altoparlante la cosiddetta e da tutti temuta “permanenza” in caserma. Avviso che annullava licenze, permessi, libera uscita e anticipava l’immediata partenza per un servizio di ordine pubblico sul territorio nazionale. In quegli anni le partenze erano molto frequenti, senza avere contezza di quando si rientrava. Nella fattispecie la destinazione per i circa 400 uomini presenti nella scuola fu Bologna. Fummo il primo reparto inquadrato ad arrivare nel capoluogo emiliano, a parte ovviamente i presidi territoriali, già tutti impegnati in una febbrile quanto dolorosa opera di soccorso. 

L’inferno in diretta. Alle 10.25 circa la stazione ferroviaria situata in piazza Medaglie d’Oro era piena di persone, presa d’assalto da turisti che andavano e venivano perché Bologna, mia città natale, è il crocevia d’Italia: da qui si passa per andare al Sud o al Brennero. Uno snodo ferroviario che smista famiglie intere, giovani e anziani, coppie di sposi e fidanzati, bambini in sandali con il sacchetto dei giochi, impazienti di raggiungere il mare o la montagna, ma ignari che l’orologio del destino avrebbe completamente stravolto in un attimo le loro vite. Come si seppe poi nella sala d’attesa di seconda classe scoppiò all’improvviso una bomba confezionata con 200 chili di esplosivo che provocò 85 morti e 200 feriti. Al nostro arrivo scene tremendamente strazianti: non dimenticherò mai i corpi sotto le macerie orrendamente mutilati, che, anche in caso di salvezza, sarebbero restati per sempre sfregiati nell’anima. Ho pianto, con il cuore straziato dal dolore, ma ho continuato, con tutta la professionalità derivata dalla funzione ricoperta, a svolgere il mio duplice e delicato compito di ordine, sicurezza e soccorso pubblico al comando dei miei uomini e al servizio della collettività.

Ugo Vandelli

Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, al suo arrivo nel primo pomeriggio sul luogo del disastro, riuscì solo a dire, con la voce strozzata: “Non ho parole”. Quando ripenso a quei momenti, mi tornano alla mente l’odore acre della polvere da sparo e il caos generale nel quale tutti cercavano di portare il proprio aiuto, a volte intralciando, involontariamente, l’opera dei soccorsi. Ricordo che non vi erano ambulanze a sufficienza per fare fronte all’emergenza, per cui gli autobus – in particolare quello della linea 37– sfrecciavano per le vie della città a tutta velocità diretti agli ospedali, con la speranza di salvare più vite possibili. Un lenzuolo bianco, che fuoriusciva dal finestrino, segnalava l’allarme, mentre trasportavano il loro carico di cadaveri e/o di corpi che ancora respiravano: straziati, dilaniati, carbonizzati. 

Ugo Vandelli


Il valore umano. Le persone che ricordo di avere soccorso fisicamente e anche psicologicamente, mi domandavano quale inferno si fosse spalancato sotto di loro e attendevano notizie riguardo ai propri cari. Allora i telefonini ancora non c’erano. Anche per questo le novità, sulle varie ipotesi della tragedia, così come le richieste di notizie da parte di famigliari, parenti, amici e conoscenti, circolavano molto lentamente. Rimanemmo a Bologna una decina di giorni, con quelle poche cose che eravamo riusciti a preparare prima della partenza, ma all’epoca, purtroppo, eravamo abituati a questi disagi, non certamente a una tale terrificante tragedia. Personalmente, in questi anni, ho partecipato alle commemorazioni rivivendo ogni anno le stesse emozioni e i ricordi di quel giorno infausto e sentendomi sempre più vicino alle vittime, ai loro famigliari e alla mia città, Bologna. Una città che da allora non è stata più quella aperta, gioviale e gioiosa degli anni sessanta, ma che dopo la strage del 2 agosto è diventata più chiusa, più preoccupata. Credo che non si sia più ripresa. 


Ugo Vandelli

Venerdì 2 agosto 2019. Come ogni anno prenderò parte alla cerimonia commemorativa in onore delle vittime, con la solita tristezza nel cuore e con la consapevolezza che non si può e non si deve dimenticare. A trentanove anni dalla strage la verità e la giustizia sono ancora lontane. Dal 1980 hanno pesato le strumentalizzazioni politiche, depistaggi, dubbi, accuse in parte velate, polemiche sottolineate da autorevoli interventi. Occorre continuare a sperare che finalmente possa emergere la verità “vera”, fugando tutti i dubbi che da quasi quarant’anni continuamente ricorrono, anche se questo non restituirà, purtroppo, le tante vite spezzate o irrimediabilmente segnate da questo evento doloroso. 

In collaborazione con: Davide Barbieri (idea e impegno civile); Cinzia Venturoli (storica); Simonetta Saliera (presidente dell’assemblea legislativa regionale).

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