Parte il nuovo governo. Il primo esame sarà la finanziaria: dovrà essere espansiva. Altrimenti le pernacchie sarebbero giustificate
Dunque, nascerà il governo Pd/5Stelle. Si potrebbero fare tutta una serie di valutazioni e considerazioni. Ma, per quanto mi riguarda, sono inutili. I vertici dei due partiti hanno preso una decisione e da quella bisogna ripartire. A questo punto la speranza è che sia molto di più di un governo balneare o di corta gittata. Il paese ha bisogno di una soluzione duratura per dare risposte.
Il tema dominante continuerà ad essere quello dei migranti. Ma resta un tema di distrazione di massa. L’argomento principale è l’economia. È da lì che passa il futuro del paese. Un giudizio compiuto (non definitivo) sul nuovo governo quindi potrà essere dato fra non molto tempo in quanto incombe la manovra economica. E da quella si capirà molto.
Il tema principale è la sterilizzazione dell’aumento dell’Iva. Ma non il nuovo governo non si potrà fermare solo a quello. Conte e soci sanno che sarebbero spernacchiati non solo da Salvini, ma da buona parte degli italiani.
Certo, non sarà facile fare una manovra economica espansiva a causa della mancanza di soldi. Senza lilleri non si lallera dicono nell’alta Valle del Savio. Però il governo dovrà riuscire a lallerare. Servono risposte ai redditi bassi e un intervento fiscale. Non la flat fax salviniana, ma un intervento sul cuneo fiscale. Il problema è che per essere interessante devono essere tolti almeno cinque punti e la spesa sarebbe di circa venti miliardi. Non è poco. Però da parte del nuovo ministro dell’Economia servirà una mandrakata anche considerando che potrà contare sulla benevolenza dell’Unione europea. Da Bruxelles non faranno ponti d’oro, ma di certo non saranno estramamente rigidi.
Poi c’è il tema del rilancio del paese e quello, a mio avviso, può passare solo da una manovra keynesiana. Le condizioni ci sarebbero. Non va dimenticato che c’è un tesoretto lasciato dal governo Gentiloni: opere pubbliche per oltre cento miliardi già finanziate. Riuscire a farle partire sarebbe una importante boccata d’ossigeno per la nostra economia. Il problema, però, oltre alla volontà politica è la burocrazia italiana. C’è un codice degli appalti che non agevola un’apertura veloce dei cantieri.
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