Il taglio dei parlamentari è un provvedimento spot figlio della nuova politica
Una riforma che non convince. Oggi la Camera sarà chiamata a votare la legge che prevede la riduzione del numero dei parlamentari. È il quarto e ultimo passaggio della riforma della Costituzione. Potrebbe diventare immediatamente esecutiva se fosse votata dai due terzi dei parlamentari. Se, invece, ad approvarla fosse un numero inferiore si dovrà passare dal referendum. In quel caso io voterei contro.
Questa legge non mi piace. Per nulla. Per tutta una serie di motivi. Uno in particolare: sarà la pietra tombale del rapporto fra eletto e territorio. La legge prevede la riduzione di un terzo dei parlamentari. Il che significa che i collegi saranno molto più ampi. La Romagna potrebbe avere solo un senatore e, massimo, due parlamentari. Troppo poco per poter seguire il territorio come si dovrebbe. L’esempio ce lo abbiamo adesso, ad esempio, che il collegio senatoriale comprende sia il Cesenate che il Forlivese.
Per ridurre i parlamentari l’unica strada era cancellare il Senato. Fra l’altro il risparmio in termine di soldi sarebbe stato maggiore. Legge che però i 5Stelle, promotori di quella attuale, avevano avversato quando a proporla era stato Renzi. Sì, nei tre passaggi parlamentari precedenti, a votare a favore sono stati 5Stelle, Lega e Fratelli d’Italia, tre partiti fieri oppositori del taglio del Senato.
Dove è la logica? Non c’è. Ma adesso va così. L’attività politica è sempre stata impregnata di provvedimenti spot. Ma adesso si è superato il limite di guardia. E al peggio non c’è mai fine. La legge sulla riduzione dei parlamentari è solo la punta di un iceberg. Altra assurdità è la scelta della Lega di fare le barricate contro il provvedimento che concede il reddito di cittadinanza anche a chi ha avuto problemi con la legge. Legge che il Carroccio votò quando era al governo. Quindi, Salvini e soci protestano contro se stessi.
No, la politica non può essere questa. Così si va a sbattere. È inevitabile se si dibatte con forza su questi temi o sui migranti e, al contempo, rischia di passare sotto silenzio l’allarme lanciato da Istat e Confindustria: continua la stagnazione. Se tutto andrà bene saremo a crescita zero, ma non è esclusa a recessione.
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