Ora la Regione è la più performante in Italia, ma servono interventi mirati
Alla fine del mese di gennaio si voterà per scegliere il nuovo governatore dell’Emilia Romagna, una delle regioni più avanzate in Italia. Un territorio competitivo con quelli che sono indicati tra le locomotive europee. Un traguardo che può essere mantenuto richiede scelte politico/amministrative lungimiranti e di alto livello.
Ma, slogan elettorali a parte, in quale direzione il nuovo governo dovrà lavorare per permettere al territorio di continuare ad essere competitivo? Benessere e qualità della vita, capitale umano, imprese e innovazione, reti internazionali: sono le quattro priorità per lo sviluppo regionale dei prossimi dieci anni. Sono questi i temi su cui ci confronteremo con le regioni leader in Europa.
In linea di massima sono anche le priorità indicate dal presidente di Confindustria Emilia-Romagna, Pietro Ferrari, alla presentazione del nuovo progetto di sviluppo, “Traiettoria 2030”, realizzato in collaborazione con Prometeia, per capire quali indirizzi il territorio può e deve seguire per migliorare le proprie performance (non solo economiche ma anche sociali) e diffondere una cultura del numero e degli obiettivi a medio-lungo termine in una comunità sempre più miope e sempre più disinformata.
Gli indicatori ci dicono oggi che l’Emilia-Romagna è la regione più performante d’ Italia, con il record di export pro capite e un trend della produzione industriale doppio rispetto alla media nazionale e che da qui al 2030 il suo Pil continuerà a crescere a un tasso dell’1,2%, allineato al dato europeo (1,3%) e più alto di quello italiano (+0,9%). Ma non va tutto bene, madama e la marchesa. Per lo meno non ci possiamo cullare sugli allori. Ci sono fattori di competitività sui quali è necessario fare meglio per raggiungere le regioni più competitive dell’ Ue. Perciò serve intervenire su tasso di attività, quota di giovani laureati, spesa in ricerca e sviluppo, peso dei nuovi mercati sull’ export.
Quindi serve intervenire sui fattori di debolezza. E, quelli che più preoccupano il nostro mondo produttivo sono l’andamento demografico (sempre più anziani e pochi neonati), le guerre commerciali internazionali in atto, la rapidità dell’evoluzione tecnologica, l’impatto capillare del cambiamento climatico e della sostenibilità ambientale.
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