Venerdì 20 dicembre 2019, alle ore 20.30, presso la Sala Don Bosco, Parrocchia dei Cappuccinini, via Ridolfi 29, Forlì, l’Associazione Sartoria Teatrale metterà in scena lo spettacolo “Irene. L’artista del mondo”; una rappresentazione teatrale sulla vita e l’opera dell’artista forlivese Irene Ugolini Zoli. La scrittura del testo, che sarà interpretato da giovanissimi attori e attrici, è di Stefania Polidori che si è avvalsa della consulenza storica e culturale di Rosanna Ricci e di Gabriele Zelli, delle testimonianze di Gabriella Ugolini Zoli, Andrea Barbieri, Paolo Cimatti, e della collaborazione di Laura Bignardi e Marco Mazzoli.
Ingresso a offerta libera.
Irene nacque a Forlì il 10 ottobre del 1910 e vi morirà nel 1997. Nel 1924, dopo un soggiorno a Berna con la famiglia, ritornò a Forlì dove il padre gestiva una bancarella di libri usati e lei lo affiancò iniziando così un incessante vagabondare per tutta la Romagna facendo una vita “zingaresca” che segnerà per sempre il suo destino. In un colloquio del 1979 con Candido Bonvicini, giornalista e scrittore, ricordando quel periodo, Irene dirà “… non ero mai andata a scuola, ma vendevo libri, così pensai che era un dovere imparare a leggere ed a scrivere. Ho letto molti libri di avventure… ho fatto indigestione di libri di viaggi, di sogni lontani”. Non solo impara a leggere e a scrivere da autodidatta, ma pure a disegnare ed a dipingere riempiendo le sue lunghe giornate di ambulante ritraendo persone, cose, paesaggi, borgate che incontra nel suo peregrinare, trasferendo in immagini l’esuberante gioia di vivere che la accompagnerà per tutta la vita.
Nel 1930 si sposa e nasceranno due figlie di cui la prima, Mirella, morirà tragicamente a 19 anni. Questo dolore insanabile produrrà in lei un definitivo cambiamento e la porterà a riprendere i pennelli con un ardore ed un impeto quasi furiosi, affermandosi così come una delle artiste più significative del ‘900 forlivese e italiano.
Quando, diversi anni prima della scomparsa, ebbe modo di fare un consuntivo della sua vita sostenne che non rimpiangeva “niente, ma proprio niente”. “Le cose sono andate e stanno andando per il loro verso, come devono andare, sostenne. Sono certa che le vicende della nostra vita non andrebbero meglio se accadessero come vogliamo noi. Vivere, questo è magnifico.
La mia pittura è quello che è. Dipingere è un bisogno, una necessità, una ragione di vita. L’arte è un fuoco che mi brucia dentro. La pittura non può dare infelicità. Non direi proprio. No, infelicità mai…. Io dalla pittura ho avuto tutto, il meglio. Dicono che ci sia il paradiso, ma io il paradiso l’ho trovato qui. A volte però la tavolozza con me è stata cattiva, non riuscivo a dominarla; anche per imparare a disegnare ho sofferto. Con la pittura mi sono liberata, mi sono trovata e persa nello stesso tempo. Il desiderio di dipingere, di lavorare, mi trasforma.
Nei miei quadri e nei miei graffiti rappresento la realtà che mi circonda trasfigurata dai miei sogni, dalle mie speranze, dall’amore per la natura e per l’umanità che mi strugge fin dalla nascita. Ciò che vi è di più reale al mondo, per me, sono le illusioni che creo con la mia pittura. Il resto è sabbia mobile.
All’arte non chiedo il successo, aggiunse Irene, anche se mi giunge gradito, ma un rifugio. Ho sempre avvertito una sola urgenza: lavorare. La vita è tutta in salita. Mi rivolgo ai giovani: bisogna stringere la cinghia e pedalare, pedalare sempre. Io che da un bel po’ di tempo mi trovo sulla via del ritorno, io lavoro tutta la notte, tutte le notti che Dio manda in terra. Mi tiene compagnia il silenzio, appena sfiorato da un minuetto o da un concertino d’archi che mi aiutano a trovare nel lavoro quella giusta temperie che per me assomiglia alla felicità.
L’essere donna, concluse l’artista, non mi ha ostacolato nel mio lavoro, no, assolutamente. Donna, uomo, non esistono direzioni privilegiate nella creazione artistica. Non vorrei neppure ritornare giovane. No, non cambierei Irene con un’altra, Sono felice. C’è Dio vicino al mio guanciale. Parlo con lui e di tutto lo ringrazio, anche delle rovine silenziose della mia infanzia. Sono le sofferenze patite che danno spessore alla vita. Vivere è un’avventura meravigliosa. Sono felice perché nei miei quadri vado configurando la vita. Io disegno il mio cuore.”
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