Il ricercatore cesenate Matteo Micucci fa il punto su un progetto ad ampio respiro che può avere un impatto positivo sulla salute, sulla qualità della vita e sui costi di gestione della salute
È possibile ridurre l’incidenza di patologie che generalmente colpiscono la popolazione più anziana attraverso la nutraceutica? Il ricercatore cesenate Matteo Micucci fa il punto su un progetto ad ampio respiro che può avere un impatto positivo sulla salute, sulla qualità della vita e sui costi di gestione della salute.
La Nutraceutica si occupa di identificare i benefici di sostanze presenti negli alimenti e nelle piante medicinali nei confronti dell’organismo e di individuare i componenti chimici principalmente presenti nelle miscele studiate. Si tratta di una disciplina che richiede un’importante multidisciplinarietà e che ha rappresentato l’evoluzione di un paradigma. Di fatti, con questa disciplina è stato possibile analizzare gli effetti di fitocomplessi chimicamente caratterizzati nei confronti di una moltitudine di bersagli molecolari ed è stato possibile osservare l’abilità di queste miscele di modularne l’attività secondo un paradigma che è corretto definire “multicomponents-multitarget”.
L’obiettivo è comprendere se è possibile ridurre l’incidenza di patologie di pertinenza cronico-degenerativa che generalmente colpiscono la popolazione geriatrica. Si tratta di un progetto ad ampio respiro che può avere un impatto positivo sulla salute, sulla qualità della vita e sui costi di gestione della salute.
È doveroso procedere secondo rigore scientifico per poter attuare i risultati della ricerca ottenendo benefici tangibili e concreti sulla salute delle persone. Per tale ragione io e molti colleghi impegnati sul versante della ricerca ci stiamo applicando su tali tematiche.
Siamo in una fase storica scientificamente importante. Sono state realizzate conquiste scientifiche e tecnologiche che non si potevano nemmeno immaginare, anche nei settori che riguardano la salute umana.
Molte scoperte scientifiche degli ultimi anni potenzialmente potrebbero ridurre potenzialmente l’insorgenza di diverse malattie croniche.
È bene sottolineare e stigmatizzare, a tale proposito, il ruolo di alcune sostanze vegetali presenti negli alimenti nella riduzione, almeno in modelli sperimentali, di accadimenti molecolari che determinano infiammazione ed inducono un aumento dell’incidenza di diverse patologie di pertinenza cronico-degenerativa che pertengono a diverse sfere, incluse, tra le altre, quella metabolica, cardiovascolare, gastrointestinale, neurologica, gastrointestinale.
In vari atti di congresso ho parlato della possibilità di generare salute, un processo definito salutogenesi, attraverso strategie atte a mettere in pratica le conoscenze acquisite nel settore della Nutraceutica.
I risultati di ricerche scientifiche hanno consentito di comprendere, ad esempio, in che modo alcune classi di molecole naturali, quali i flavonoidi e i tannini idrolizzabili, modulano molteplici vie di segnalazione determinando effetti di beneficio in diversi modelli sperimentali di patologie come l’obesità, il diabete ed altre malattie metaboliche.
Ad esempio, esistono vari studi che suggeriscono l’utilità del consumo di alimenti ricchi di flavonoli, flavanoli, tannini, derivati dell’acido idrossicinnamico, nel contribuire a ridurre vari markers infiammatori in soggetti in sovrappeso o obesi. Tra gli alimenti a base vegetale, cipolla, porri, cavoli, broccoli, mirtilli e uva sono le fonti più ricche di flavonoidi. Così come mele, agrumi, tè, peperoncino e cacao.
Nell’ambito della Ricerca in Nutraceutica, è possibile ipotizzare di utilizzare i fitocomplessi contenenti tali composti chimici e somministrarli a dosi efficaci, identificando spazi di intervento che si potrebbero definire “prepatologici”.
In tale maniera potrebbe essere possibile mettere in atto strategie di intervento in grado di minimizzare l’occorrenza di quei fenomeni molecolari che sottendono l’insorgenza e la procrastinazione di numerose malattie a carattere cronico-degenerativo.
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