L'iniziativa si è svolta nella sede dell'Auser di Forlimpopoli
Era gremita come non mai la sede dell’Auser di Forlimpopoli in occasione della serata dedicata al ballo, passione dei romagnoli. All’iniziativa, coordinata da Radames Garoia, che si è tenuta mercoledì 12 febbraio 2020, organizzata dalla locale Proloco insieme con l’Associazione “Istituto Friedrich Schürr”, sono intervenuti Gabriele Zelli e il Gruppo Balli Popolari Auser Cesena. Il primo ha raccontato con notizie storiche e con aneddoti divertenti l’evoluzione del ballo in Romagna a partire dai balli staccati fino al fenomeno del “liscio”. Mentre il gruppo dei ballerini ha eseguito dapprima danze che venivano praticate in passato per poi concludere con valzer, polke e mazurke, balli che ancora oggi caratterizzano le nostre balere.
Al pubblico presente è stato proposto un tuffo nel passato alla riscoperta di musiche e di balli della tradizione popolare romagnola per ricordare il ricco patrimonio culturale della nostra terra.
Icilio Missiroli, apprezzato sindaco repubblicano di Forlì dal 1956 al 1966, nonché cultore delle tradizioni popolari locali, nel libro “Eria ‘d Rumagna” ha evidenziato che il ballo è una grande passione per i romagnoli. Riferendosi ai primi decenni del secolo scorso scrisse: “In ogni momento, in ogni occasione sono disposti a ballare. Si ballava per un fidanzamento o un matrimonio, alla fine della falciatura delle erbe o della mietitura, nelle stalle, d’inverno, o, d’estate, nelle aie. Bastava poco, specificò Missiroli, una fisarmonica o un’ocarina. I più fortunati potevano avere, oltre alla fisarmonica anche un clarino e un violino. Ma c’erano anche le vere feste, i veglioni ai quali partecipavano orchestre famose. Più di tutte quella di Carlo Brighi, “Zaclên”, che coi suoi valzer trascinava i ballerini fino alla frenesia. Si ballavano i valzer e la polka, la mazurka, l’indiavolata galoppa”.
Oggi c’è la convinzione generale che i balli tipici, i balli folkloristici romagnoli siano da sempre il valzer, la mazurka e la polka. Invece ben altri erano i balli etnici nella Romagna dell’800. Esistono una copiosa documentazione e studi molto ben fatti al riguardo. Anche in un foglio anonimo, pervenuto dopo il Carnevale del 1851 al Comandante della Stazione dei Gendarmi di
Bagnacavallo, sono riportati i balli in voga a quel tempo. Tra le altre cose, l’ignoto delatore informa che il bandito Stefano Pelloni, il Passatore, e altri componenti della banda, come Mattiazza, Giazzolo, Teggione, Lisagna e il Calabrese, in compagnia di “dieci donnine di facili costumi seppellirono il Carnevale in Traversara dai Mattiolino”. Il gruppo giunse nella casa la sera del lunedì 3 marzo 1851 e vi rimase fino a mercoledì 5 marzo e, tra l’altro, “ballarono il trescone, il saltarello e il girandolone al suono di tre musici”. Erano i cosiddetti “balli staccati”, così definiti perché i ballerini si tenevano a distanza, senza abbracciarsi. Tra questi balli vanno ricordati: la monferrina, la furlana, la gagliarda, la roncastella, ed ancora: il ballo del sospiro, il ballo del fiasco, il ballo dello schioppo, il ballo della lepre, il ballo degli sposi e così via.
È solo verso la fine dell’Ottocento che valzer, mazurka e polka iniziano a trovare spazio nelle feste da ballo romagnole ottenendo subito un grande successo. Come sia successo lo spiega lo scrittore Cristiano Cavina nel libro “La Romagna” quando ricorda la figura del musicista Carlo Brighi (Savignano sul Rubicone 1853 – Forlì 1915) il quale ebbe “una serie di colpi di genio sfavillanti”. “I piedi dei contadini, scrive Cavina, nonostante la fatica, sono pieni di una vitalità e di una libertà che alla corte di Vienna neanche si sognano (in quel periodo Vienna era una delle capitali più vive del mondo e nelle feste da ballo che quotidianamente venivano organizzate nelle case nobiliare e in quelle della ricchissima borghesia si ballavano in particolare valzer composti da Johann Strauss padre e Joseph Lanner ndr). Il valzer così com’è non basta. Zaclên aumenta le battute per adeguarlo. Nella terra che regalerà all’Italia generazioni di campioni di motociclismo, cresciuti truccando i motorini, lui fa la stessa cosa applicandola ad un’altra forma d’arte: mette il turbo a Strauss. Il violino fatica a tenere le nuove battute, prosegue Cavina: Zaclên lo sostituisce con quello che diventerà lo strumento cardine del liscio, l’indiavolato clarinetto in do, che scappa da tutte le parti e non sta mai zitto un minuto. Il romagnolo è accordato come un clarinetto in do, c’è poco da fare”. Cristiano Cavina, che in gioventù non ha apprezzato questo mondo, ora dice che “si resta sempre incantati davanti a quel turbinare di coppie sulla pista, dai saltelli e dai calci volanti degli uomini, dalle sottane che si alzano e dalle guance rosse delle spose che bruciano come tizzoni ardenti”.
Tra il 1870 e il 1915 Carlo Brighi comporrà oltre 1.200 brani, tra polke, valzer e mazurke; il Fondo Piancastelli della Biblioteca di Forlì conserva 831 partiture manoscritte, diverse delle quali nel corso degli ultimi anni sono state inserite da Teddi Iftode nel repertorio del Trio Iftode riscuotendo successo ovunque.
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