In arrivo un intervento statale, ma serve ripensare il ruolo delle banche
Indicare tutti i problemi provocati all’economia dal Coronavirus è difficile. Soprattutto è complicato individuare delle priorità. Comunque, in un’ipotetica scala dei valori, la mancanza di liquidità è ai primissimi posti. Di soldi ne circolano sempre meno. Ci sono filiere (ad esempio il turismo) completamente bloccate. Quindi serve un’iniezione di denaro fresco.
Una buona notizia arriva da Il Sole 24Ore che a pagina due titola: “Garanzia statale per i finanziamenti alle imprese”. È un “pastone” sui provvedimenti che il governo ha preparato o studia per affrontare la crisi provocata dal Coronavirus. Tutto ruota attorno a un impegno verbale preso da Gualtieri, ministro dell’Economia. Ha ribadito l’intenzione di agire per la liquidità al sistema produttivo. L’intervento sarà contenuto nel prossimo decreto. Dovrebbe scattare la garanzia pubblica, mediante il Fondo di garanzia Pmi (il cui utilizzo è stato auspicato dall’ Abi) o in alternativa con un nuovo fondo statale da introdurre nel decreto. Ad ogni modo l’intervento pubblico sembra indispensabile anche per evitare effetti negativi sui bilanci delle banche.
In attesa di conoscere i termini dell’intervento è però forse arrivato il momento di fare una valutazione sul ruolo che deve avere il sistema bancario nel supporto all’economia. Innanzitutto bisogna partire da un presupposto: gli istituti di credito sono più solidi rispetto a due anni fa. In questo periodo hanno fatto una profonda pulizia nel bilancio degli Npl, ridotto i costi e lavorato sulla diversificazione del portafoglio titoli. Nonostante tutto per la concessione del credito hanno il braccino corto. E così si rischia il corto circuito.
Molto è dovuto anche ai vincoli imposti dalla Bce che, oltretutto, ha delle liturgie difficili da intaccare. In questi periodo di allarme rosso, ad esempio, molte energie dei vertici bancari sono utilizzate per completare gli stress test richiesti proprio dalla Bce. Però, al di là del fatto specifico, è lecito porsi delle domande sul ruolo degli istituti di credito. Nessuno pretende che si trasformino in enti benefici. Però fra questo e la continua e spasmodica ricerca della redditività una via di mezzo ci dovrà pur essere. In particolare per quanto concerne la concessione del credito. Problema che sente in particolare un territorio come il nostro fatto di piccole e medie imprese spesso sottocapitalizzate.
Serve flessibilità. Tutto non deve continuare a passare attraverso algoritmi elaborati dalla Bce, i vari step di Basilea. Quelli sono strumenti che vanno bene per le grandi imprese. Certo, pretendere una rivoluzione copernicana è troppo. Ma è necessario che nella valutazione diventi prioritaria la valutazione del progetto industriale.
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